La pandemia delle strade

Sembra di essere tornati agli anni 60 e 70 quando lo sviluppo industriale e la crescita della mobilità privata, favorita dalle fabbriche italiane di auto, imponeva ai governanti di allora la creazione di una rete autostradale che potesse mettere in comunicazione il nord e il sud del Paese. Poi vennero i tempi delle infrastrutture sulla dorsale appenninica, collegamenti trasversali che unirono il mar Tirreno con l’Adriatico, e da ultimo il progetto Quadrilatero Marche-Umbria. Ora sulla spinta dei soldi promessi con il P.N.R.R. riprendono forza spinte e sogni di chi non ha mai smesso di interpretare il cemento e l’asfalto come motori di sviluppo e di benessere del Paese. Quindi nessuna novità, nessun cambiamento? Non proprio. Quello che prima consumava territorio agricolo e forestale, riduceva la biodiversità, causava frane e alluvioni, produceva masse e normi di inquinamento, favoriva malattie respiratorie, e altri danni sociali che il traffico su gomma inevitabilmente produce, lo fa anche oggi, ma lo fa in maniera “sostenibile”. Cioè basta introdurre le parole “sostenibile” o “green” su un progetto vecchio di 50 anni che improvvisamente sembra che tutto cambi senza che nulla cambi. E’ il caso della E 78.  Un’opera incompiuta (mancano 15 lotti) che deve essere completata ad ogni costo: così vogliono tutti i partiti, da destra a sinistra. Vengono sbandierati fantasmagorici benefici economici e territoriali, l’abbattimento di costi per il trasporto merci, la fine dell’isolamento delle aree interne e quindi la rinascita delle città (sarebbe meglio dire borghi) attraversate dell’arteria, che non subiranno più lo spopolamento dovuto all’attrattiva dei grandi centri sulla costa.  Ma non basta, ciliegina sulla torta, ci sarebbe anche una riduzione della CO2!!! Premesso che mai nessuna nuova strada ha ridotto la produzione di inquinanti e di gas serra, anzi nuove strade generano nuovo traffico privato e quindi aumentano in modo esponenziale i danni ad ambiente e salute, producendo solo brevi benefici temporali sulla velocità degli spostamenti, chiediamo dove sono gli studi economici, le valutazioni ambientali strategiche, le analisi sui flussi di traffico che analizzano i costi e benefici, non solo nell’immediato ma per le future generazioni, del completamento di questa infrastruttura? E poi, perché deve essere a quattro corsie? Ma davvero la crisi climatica in atto non ha nessun significato e non insegna nulla a questi amministratori? Ci vengono in mente le parole di un vero ambientalista, un costruttore di ponti tra culture e un filosofo dalla visione lucida della realtà, Alex Langer: la competizione e la velocità sono la quintessenza della società occidentale, se non si radica una concezione alternativa, da lui sintetizzata con il motto «lentius, profundius, suavius» (più lento, più profondo, più dolce) non potrà esserci mai nessuna transizione ecologica, nessuna sostenibilità ambientale, nessuna pace tra esseri umani, nessuna società giusta ed equa.
Quindi fate pure le autostrade, le complanari, le tangenziali, i passanti, le bretelle che volete, ma evitate di prenderci in giro con le verniciate di verde a progetti arrugginiti,  che tanto non ci caschiamo, siamo vaccinati! Nuove strade serviranno solo per correre più veloci verso il disastro climatico. La crescita del benessere si persegue in un altro modo.

Fano, 30/12/2021

Il Consiglio direttivo