L’ALLEANZA n. 07.20 15 luglio 2020
È CAMBIATO IL MONDO!
Documento per le elezioni regionali 2020
L’ESPERIENZA DEGLI ULTIMI CINQUE ANNI
I cinque anni trascorsi dalle ultime elezioni regionali del 2015 a livello globale hanno visto una sempre maggiore presa di coscienza delle istituzioni, ma anche dei popoli, riguardo alle conseguenze dell’emergenza climatica, con l’impegno sempre più ampio dell’ONU e dell’Unione Europea per ridurre l’utilizzo delle fonti fossili e la produzione di anidride carbonica.
Diverse autorità religiose hanno preso posizioni significative a difesa dell’ambiente; in particolare Papa Francesco ha pubblicato una specifica enciclica, la “Laudato sii”, interamente dedicata ai temi della salvaguardia degli ecosistemi planetari; la giovane svedese Greta Thumberg ha sollevato l’interesse di milioni di giovani attorno all’urgenza di agire per la salvezza del pianeta e costituito un’ organizzazione giovanile diffusa in tutto il mondo (Friday For Future).
Nella nostra Italia l’epidemia di covid19, tutt’ora in atto, ha posto in evidenza le fragilità del nostro sistema economico e l’inadeguatezza dell’attuale sistema di protezione della salute.
Le richieste, condivise da tutti noi seppure con sensibilità diverse in taluni punti, che avevamo avanzato alle forze politiche regionali in occasione delle elezioni del 2015, sono state di fatto ignorate; ne ricordiamo le principali:
- Una visione strategica che il nuovo governo regionale doveva avere, mettendo al centro il miglioramento della qualità della vita dei cittadini e la tutela delle risorse territoriali. Possiamo affermare che l’attuale governo della Regione Marche non ha operato, almeno a nostro parere, secondo una organica e lungimirante visione strategica.
- ll buon governo del territorio che non c’è stato: la proposta di legge di iniziativa popolare sulla “tutela del paesaggio ed il governo sostenibile e partecipato del territorio”, nel testo firmato da ben 8717 cittadini marchigiani, non è stata neanche discussa in consiglio regionale, così come non è stata discussa alcuna altra proposta di aggiornamento della obsoleta legge urbanistica del 1992, né si è proceduto, secondo gli obblighi di legge, all’adeguamento del PPAR ai dettami del nuovo Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Si è invece provveduto a prorogare, fino al 2022, il piano casa che prevede un ulteriore aumento della cementificazione, consentendo ampliamenti degli edifici da ristrutturare dal 20% al 40%, anche nelle aree di tutela integrale dei parchi.
- Il rifinanziamento dei tanti progetti della Rete Natura 2000, dei parchi e delle riserve naturali, insieme costituenti la “rete ecologica delle marche (REM)”. Dal 2015 sono stati invece tagliati i fondi a Parchi e Riserve naturali e non si è ampliata la rete dei Parchi (su tutti la mancata istituzione del Parco Regionale del Catria e del Nerone, della Riserva naturale della Selva di Castelfidardo, del Parco naturalistico e della memoria del Monte Sant’Angelo di Arcevia, della Riserva Naturale Regionale delle “Alti Valli del Giano – Esino – Potenza”, etc.). La legislatura si è caratterizzata invece per interventi pubblici in aree montane (es. Monte Acuto del massiccio del Monte Catria) proprio della Rete Natura 2000 che hanno deturpato irrimediabilmente l’ambiente montano stesso, con lavori di sbancamento e di deforestazione per permettere l’allargamento e il rinnovamento di impianti sciistici (con inosservanza, a nostro parere, delle prescrizioni che è oggetto di nostro esposto giudiziario) ad una quota che, tenuto conto della crisi climatica, difficilmente vedrà la neve. Scelta miope e distruttrice di possibilità di sviluppo sostenibile ed equilibrato delle aree montane. Inoltre non si sono create nuove riserve marine, a partire da quella del Monte Conero, per la quale sono tutt’ora disponibili risorse finanziarie da parte del Ministero dell’Ambiente e la realizzazione di Sic e Zps costieri di tutela degli habitat del fratino caradriforme minacciato di estinzione a livello costiero.
- I fiumi “da non trattare con la cura della ruspa” mentre anche in questi mesi di chiusura precauzionale del Paese abbiamo visto i pessimi interventi sul Musone, sull’Aso e su altri fiumi marchigiani.
- La mobilità e trasporti per i quali chiedevamo il potenziamento del trasporto pubblico su ferro che non ha fatto alcun passo avanti: né per il raddoppio della Roma Ancona, né per il progetto della metropolitana di superficie per l’hinterland di Ancona per la quale si sono già spesi alcuni milioni di euro (cancellata con il voto determinante della Regione Marche), né per il progetto della Ferrovia dei Due Mari, né per l’ipotesi di tracciato P.to San Giorgio Fermo Amandola, né per la Fano Urbino. Abbiamo invece registrato la prosecuzione delle grandi opere stradali come la Pedemontana, che poteva, e doveva, essere stralciata ed un aumento irrefrenabile delle strade nella Regione che ancora costituiscono una voce imprescindibile nei programmi di tutti i Partiti. Pochi sono stati gli sforzi fatti per incentivare la mobilità dolce, con la realizzazione di piste ciclabili spesso frammentate e poco sicure.
- L’inquinamento per il quale ritenevamo necessario un programma strategico per procedere alla bonifica di tutte le aree a rischio per la salute, per l’ambiente, per le risorse idriche e alimentari. Nessuna bonifica è stata invece effettuata, tanto meno per l’area ad alto rischio di catastrofe ambientale di Api di Falconara Marittima. Tutto tace anche per quanto riguarda il basso bacino del fiume Chienti, da quando tutta l’area è stata declassata a sito di interesse regionale.
- Il paesaggio ed il patrimonio culturale che rappresentano un valore fondamentale ed identitario che caratterizza fortemente la nostra regione e per il quale era necessario investire risorse per la sua tutela e corretta valorizzazione: non quella dei raduni musicali che abbiamo invece avuto su aree tutelate della montagna, con la autorizzazione della Regione Marche. Chiediamo un impegno a bloccare tutti i lavori e gli interventi in area montana che non rispondono ai criteri della Montagna come bene comune (da tutelare ai sensi dell’art. 9 della Costituzione) e chiediamo di investire risorse pubbliche per mitigare gli effetti devastanti che hanno deturpato l’ambiente montano (possiamo elencare tra i tanti esempi la funivia del Monte Bove, monumento all’inutilità e allo scempio che è lì, inutilizzata, da più o meno 40 anni!) e per pianificare la graduale ricostruzione ambientale di ciò che si è distrutto investendo anche risorse europee. E’ necessario recuperare tutto il patrimonio culturale distrutto/lesionato dagli eventi sismici del 2016.
Questo quinquennio si è infine caratterizzato per una pessima gestione della fauna selvatica, con il ritardo decennale nella approvazione del piano faunistico venatorio, avvenuta con il rigetto delle nostre osservazioni, e con la approvazione e riapprovazione, anche dopo bocciatura in sede giudiziaria amministrativa, dei calendari venatori che hanno confermato la preferenza della Regione Marche per la ricerca di voti presso i cacciatori e le loro lobby. Si ricorda che la tutela della fauna selvatica e degli animali domestici rappresentano valori etici ed ecologici che devono essere ampiamente riconosciuti nel nostro ordinamento giuridico. La Regione deve essere impegnata in azioni precise, affinché il rapporto con gli animali sia il più solidale e meno conflittuale possibile. Tale ruolo deve essere svolto, tra l’altro, ricostituendo l’”Ufficio Tutela Animali” presso l’Assessorato Regionale all’Ambiente, dato che nelle ultime due legislature esso è stato reso completamente inattivo.
Sono pochi i fatti positivi di questi 5 anni di amministrazione; ci si riferisce, ad esempio, al Piano Energetico Regionale frutto di confronto, ed al progetto di prossima elettrificazione della tratta ferroviaria Civitanova – Albacina.
Il giudizio quindi sulla attività della amministrazione regionale uscente è complessivamente negativo per quanto riguarda l’impegno sugli argomenti citati. Per completezza è anche necessario aggiungere che scarsa attenzione alle nostre proposte è stata rivolta, nella sostanza ed a parte qualche lodevole eccezione, dalle forze di opposizione che non possono rivendicare ora sensibilità ambientaliste che non hanno dimostrato di avere.
QUALE STRATEGIA PER IL FUTURO?
In questi cinque anni è aumentata moltissimo, a livello mondiale, la sensibilità della popolazione sull’emergenza climatica. Ai nuovi amministratori chiediamo che vengano affrontati con il dovuto impegno almeno i seguenti tre punti, nella certezza che questa volta la gravità della situazione richiederà la massima attenzione:
- I cambiamenti climatici sono la grande sfida con cui dobbiamo confrontarci quotidianamente e che deve entrare in via prioritaria, e con urgenza ed efficacia, nell’agenda della politica. L’esigenza di contrastare i drammatici effetti che il cambiamento climatico sta causando, in maniera differente ma pur sempre violenta, in tutto il mondo, può stimolare a rivedere i modelli di sviluppo e ad orientare le comunità e la società tutta verso sistemi più sostenibili quali l’economia circolare. L’ambiente e la sua salvaguardia devono essere lo strumento trasversale per leggere i cambiamenti in atto e per dare risposte ai giovani e a tutti i cittadini che chiedono un cambiamento radicale del rapporto tra ambiente e politica. I cambiamenti climatici ci costringono a vedere oltre la solita ripartizione tra “ambiente” – “economia” – “società”, insegnandoci che tutto è connesso. La lotta ai cambiamenti climatici passa necessariamente per la tutela dell’ambiente, visto come un sistema unico e intrinsecamente connesso alle attività umane. Le scelte politiche, a tutti i livelli, devono essere necessariamente orientate al duplice sforzo di ridurre le emissioni di gas climalteranti e di adattare i sistemi umani agli effetti dei cambiamenti climatici già in atto. Siamo per il consumo “zero” di territorio e per l’incentivazione fiscale alla riqualificazione sismica ed energetica del patrimonio edilizio obsoleto. A livello internazionale ed europeo, accordi e strategie hanno dettato obiettivi e linee di azione. L’Italia, nonostante buone intenzioni e molti proclami, ben poco ha fatto per contrastare efficacemente i cambiamenti climatici, limitandosi a rispettare (e neanche sempre) quanto concordato in sede europea; pendono infatti sulle nostre teste diverse procedure di infrazione che rischiano di trasformarsi in multe. Sulla stessa linea, la Regione Marche, con una visione poco lungimirante ha spesso prediletto scelte non in linea con gli obiettivi di riduzione e in contrasto con le più basilari regole di adattamento: basta con i piani casa, basta con lo sfruttamento delle risorse naturali e con le attività estrattive in zone sensibili, basta con nuove strade e con la speculazione edilizia, basta con gli investimenti nell’energia fossile, basta ad una gestione del territorio che non tenga conto dei cambiamenti in atto. Sì invece all’uso sostenibile delle risorse, al consumo zero del territorio, all’incentivazione delle energie rinnovabili (fuori delle aree tutelate e dai centri storici), sì alla valorizzazione e ad una sempre migliore gestione degli ambienti naturali anche attraverso nuovi parchi e aree protette. Per le energie rinnovabili è da sottolineare come le Marche non siano un distretto eolico, la ventosità è limitata e la distribuzione dei venti è alquanto irregolare. Inoltre, le poche aree dove vi è vento, sono collocate sugli alti crinali dell’Appennino, dove la costruzione di parchi eolici genererebbe un impatto ambientale inaccettabile, come dimostra quanto accaduto in quelli realizzati, dove aree di grande pregio ambientale, raggiungibili solo attraverso piccole carrarecce, sono state trasformate in zone industriali, con grande viabilità ex novo, nuove elettrovie, capannoni, parcheggi e torri eoliche colossali. Tutto questo a fronte di produzioni del tutto risibili e non in grado di compensare le spese, sia in termini economici (se non con finanziamenti pubblici) che climatici, giacché le emissioni occorse per la costruzione verranno pareggiate solo dopo tempi lunghissimi. Occorre quindi una legge, che sancisca l’inadeguatezza delle Marche ad ospitare aereogeneratori, specie sui crinali montuosi. In questo quadro la foresta è il primo agente di contrasto e contenimento riguardo ai cambiamenti climatici; è necessario finanziare attivamente il restauro dei boschi esistenti e l’ampliamento della superficie forestale, sottrarre da qualsiasi intervento alcune estensioni di bosco destinandole alle sole funzioni di accumulatrici di carbonio atmosferico, generatrici di biodiversità e di paesaggio, produttrici di acqua; riprendere la campagna di demanializzazione, con acquisizione pubblica di vaste aree a bosco; portare entro i margini della legalità il settore forestale, con garanzie contrattuali per gli operatori, rispetto delle norme sulla sicurezza dei cantieri con l’ emersione del lavoro occulto. Per quanto riguarda l’applicazione della strategia nazionale per la biodiversità anche nella Regione Marche, si ribadisce l’importanza di applicarle anche nella nostra regione attraverso l’attivazione dell’Osservatorio regionale per la biodiversità, istituito ma non funzionante. Bisogna intensificare le iniziative per una agricoltura veramente biologica mettendo al bando i pesticidi.
- Il recupero delle comunità e delle aree terremotate nonché delle aree interne e dei borghi che deve essere basato sul ripristino delle condizioni di vivibilità oltre che sulla ricostruzione edilizia nei centri storici, terremotati e non, rispettosa dei valori storici e architettonici e delle norme antisismiche. Nelle nostre Marche il terremoto del 2016 lascia ancora dietro di sé 20.000 cittadini sfollati e la ricostruzione dei paesi e delle comunità locali, sia fisica che socio-economica, è ancora di là da venire. Ricreare le condizioni di vivibilità vuol dire garantire i servizi pubblici (sanità, poste, banca, scuole, connettività) e condizioni economiche, seppur temporanee di vantaggio economico perché questi sono gli unici strumenti – a nostro parere – per evitare l’abbandono definitivo delle aree interne che possano consentire lo sviluppo delle attività economiche compatibili e non impattanti e dove non dovranno essere istituite nuove discariche.
- La capacità di spendere bene i finanziamenti della comunità europea e nazionali che verranno posti a disposizione in quantità notevoli. Non servono nuove impattanti infrastrutture bensì un accurato e diffuso intervento sulle fragilità idrogeologiche della nostra regione, nella manutenzione dei servizi e delle opere pubbliche già esistenti (scuole, acquedotti, ospedali, etc), nella applicazione delle misure anti sismiche e nella corretta gestione del territorio, così da non aggiungere ulteriori fragilità. Chiediamo di pianificare la graduale ricostruzione ambientale di ciò che si è distrutto investendo anche risorse europee. Al fine di sfruttare al meglio l’occasione che l’Europa ci offre, è necessario che la programmazione dei fondi strutturali 2021-2027 sia basata sulle reali esigenze del territorio, che non possono essere lette solo al chiuso dei palazzi: è necessario quindi che la partecipazione in fase di programmazione sia estesa il più possibile a tutti i portatori di interessi, compresi quelli “diffusi” come la materia ambientale.
Nello specifico dei singoli argomenti reiteriamo le proposte e le richieste avanzate già nel 2015 (in allegato) a cui rinviamo, richieste rimaste – come già detto- quasi del tutto inevase.
La Alleanza della Associazioni Ambientaliste Marchigiane di Club Alpino Italiano, Federazione Pro Natura, Gruppo di Intervento Giuridico, Italia Nostra, Lega Anti Caccia, Lega Anti Vivisezione, Lipu, Lupus in Fabula, Salviamo il Paesaggio, WWF Italia,.
Aderiscono: Associazione Ente Zoofilo Ecologista, Associazione Luoghi Comuni
CONFERENZA STAMPA 15.07.20 A.A.A.M. presentazione documento “E’ cambiato il mondo” – intervento La Lupus in Fabula
Oggi più che mai chi governa è chiamato ad agire con lungimiranza e piena coscienza.
I cambiamenti climatici in atto, di cui quotidianamente vediamo gli effetti, toccano in maniera trasversale tutti gli aspetti della nostra economia e della nostra società.
Un buon governo della Regione non può prescindere dal tenere in considerazione, in ogni suo passo ed in ogni sua scelta, che il clima sta cambiando, che dobbiamo con ogni mezzo rallentare questo cambiamento e che al contempo dobbiamo prepararci ed “adattarci” agli effetti che non possono più essere evitati.
Ci aspettiamo che la prossima amministrazione prenda con serietà questi aspetti, mettendo in atto azioni di governo forti ed efficaci. Anzi, non ce lo aspettiamo: lo pretendiamo perché non c’è più tempo e non ci sono più facili strade alternative da percorrere.
Quello che chiediamo alla nuova amministrazione, qualunque essa sia, non sono facili proclami o fondi residuali da destinare a qualche iniziativa di facciata, ma scelte decise, che possano realmente fare la differenza.
Per questo chiediamo che i cambiamenti climatici entrino come elemento concreto e portante in tutta la pianificazione e programmazione regionale, da quella sull’assetto del territorio, a quella agricola, a quella forestale. Chiediamo che il risparmio energetico e il ricorso alle energie rinnovabili divengano pilastro dell’economia regionale, con interventi strutturali nell’industria e nell’edilizia. Chiediamo che si sviluppi e si sostenga un nuovo modello di mobilità. Chiediamo che l’utilizzo delle risorse idriche venga pianificato nell’interesse comune.
Gli strumenti che la Regione ha per contrastare i cambiamenti climatici sono molti: vanno solo usati, ed usati bene. La nuova programmazione comunitaria porterà nei nostri territori centinaia di milioni di euro. Nei cassetti regionali giacciono leggi, piani e regolamenti che, se indirizzati bene, potrebbero fare la differenza, come ad esempio la legge urbanistica, il piano paesistico regionale, il piano degli acquedotti. Molti altri piani e programmi avrebbero bisogno di essere aggiornati ed adeguati, per dare risposte concrete alle esigenze reali. Con incentivi e tassazioni, adeguatamente indirizzati, la Regione ha il potere di orientare il tessuto economico e sociale verso l’adattamento e la mitigazione ai cambiamenti climatici.
Aspettiamo di vedere se la futura amministrazione metterà effettivamente come priorità i cambiamenti climatici e se sarà in grado di attivare quanto a sua disposizione per fare la differenza.
Il Presidente Flavio Angelini
LE MARCHE CHE NOI VOGLIAMO
“LA CULTURA L’ALTERNATIVA ALLA CRISI PER UNA NUOVA IDEA DI
PROGRESSO”
Le elezioni regionali si terranno a maggio 2015 e le Associazioni sottoscriventi intendono
fornire un proprio contributo alla definizione di quegli obiettivi che – a nostro parere –
devono essere posti alla base di un programma serio, sostenibile e coerente, oltre che
davvero innovativo, per il governo della Regione Marche da qui al 2020 ed oltre.
LA VISIONE STRATEGICA
Noi riteniamo che il nuovo Governo Regionale debba ispirarsi ad una visione strategica
che abbia al centro il miglioramento della qualità della vita e la tutela delle risorse territoriali. Le Associazioni ritengono che l’obiettivo di fondo della politica regionale debba essere il miglioramento della qualità della vita dei singoli abitanti e dell’intera comunità regionale, con il conseguente miglioramento di tutti quegli indicatori riconosciuti utili a definirla, a livello internazionale e nazionale. Le più recenti definizioni della qualità della vita la coniugano sempre più con il raggiungimento della “felicità/benessere” e sempre meno con il solo Prodotto Interno Lordo (PIL), in caduta libera nel nostro Paese negli ultimi anni.
Già nel lontano 1968 Robert Kennedy, il 18 marzo alla Kansas University, nel
discorso passato alla storia come il “discorso sul PIL”, affermò che “non troveremo mai un
fine per la Nazione né per la nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del
benessere economico.. (omissis).. il PIL non misura né la nostra arguzia, né il nostro
coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né
la nostra devozione al nostro Paese. Il PIL misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la
vita veramente degna di essere vissuta”.
Gli anni sono passati e alle nuove idee espresse da Kennedy hanno fatto seguito
studi e politiche che hanno razionalmente dimostrato la validità di questa “visione”. Il 22
luglio 2011 l’assemblea generale dell’ONU ha adottato una risoluzione conosciuta come la
“risoluzione felicità” che ha rilevato come il PIL “non riflette adeguatamente la felicità ed il
benessere delle persone in un Paese” ed ha invitato gli stati membri ad elaborare nuove
misure che tengano conto della importanza della ricerca della felicità. Vengono oggi
proposti nuovi indicatori del benessere, “oltre il PIL”, quali ad esempio il “better life index”
dell’OCSE (2011) che considera 11 parametri: abitazione, reddito, lavoro, istruzione,
partecipazione civica, ambiente, amministrazione, salute, soddisfazione personale,
sicurezza, equilibrio tra lavoro e vita privata. Su 34 Paesi appartenenti all’OCSE nel 2014
l’Italia è ventesima in graduatoria e tra le ultime in Europa. L’OCSE nel 2013 ci ha
ricordato che “l’economia italiana è stata colpita dalla più grave recessione dell’ultimo
mezzo secolo in seguito alla crisi economica e finanziaria mondiale. La crescita debole ha
ridotto molte pressioni ambientali ma l’Italia dovrebbe integrare le questioni ambientali
nella strategia per il rilancio dell’economia. Tra le risorse più importanti dell’Italia si
contano un generoso ambiente naturale e una ricca eredità culturale di beni culturali”. Il
Segretario Generale dell’ONU nel proprio “Synthesis Report on the Post-2015
Agenda” (Nazioni Unite, N.Y., december 2014) afferma quanto segue: “Gli stati membri
dell’ONU hanno convenuto sull’importanza di proseguire lo studio di sistemi di misura per
lo sviluppo sostenibile che vadano oltre il PIL. Quindi il lavoro sullo sviluppo di unità di
misura del progresso alternative, oltre il PIL, deve ricevere una specifica attenzione dalle
Nazioni Unite, dalle istituzioni finanziarie internazionali, dalle società scientifiche e dalle
istituzioni pubbliche. Questo sistema deve esattamente focalizzarsi sulla misura del
progresso sociale, sul benessere umano, nella giustizia, nella sicurezza, nella eguaglianza
e nella sostenibilità. Nuove misure del benessere soggettivo sono potenzialmente nuovi
importanti strumenti per la politica”.
Allo stesso modo, la letteratura scientifica degli ultimi decenni ha raggiunto
fondamentali acquisizioni sulle determinanti della felicità e le relative politiche di
promozione, a partire dal contributo pioneristico di Richard Easterlin sul “paradosso della
felicità”, che di fatto riprendono alcune fondamentali intuizioni avute già dal nostro
concittadini Giorgio Fuà, e dalla sua “scuola di Economia” di Ancona. Un esempio
emblematico è il filone di “Happiness and Economics”, che ha mostrato come vi siano
importantissime determinanti della felicità tradizionalmente ignorate dagli economisti e
policy-maker “ortodossi”, come il clima di fiducia, la giustizia e la coesione sociale ed i
cosiddetti “beni relazionali”, la cui mancata protezione vanifica i progressi raggiunti sul
fronte del benessere materiale, ed esaspera lo scontro tra le individualità e culture delle
nostre società moderne, sempre più “liquide”, “lobbistiche” e “complesse”. Queste “nuove”
determinanti della felicità, però, hanno natura e si fondano su beni pubblici e collettivi, la
cui tutela normativa è in buona parte demandata ad una classe politica autorevole e
attenta al bene comune.
Chi ancora si attardasse a sostenere che serve più PIL, ponendolo in alternativa al
benessere o alla felicità, si relega in una posizione di arretratezza culturale, se non di vera
e propria miopia rispetto alle cause profonde dell’attuale crisi socio-economica, che
scaturisce proprio dai limiti del suo particolare modello di sviluppo, imperniato sul
riduzionismo e l’individualismo del cosiddetto Homo Oeconomicus, e sulla fiducia,
ideologicamente cieca, nel sistema degli incentivi di mercato.
A livello nazionale è stato elaborato un indicatore, il Benessere Equo e Sostenibile
(BES) da parte del CNEL, dell’ISTAT e del Forum del Terzo Settore. Esso considera 12
dimensioni: ambiente, salute, benessere economico, istruzione e formazione, lavoro e
conciliazione dei tempi di vita, relazioni sociali, sicurezza personale, benessere soggettivo,
paesaggio e patrimonio culturale, ricerca ed innovazione, qualità dei servizi, politica ed
istituzioni. I parametri del BES sono molto puntuali ed utili per essere presi in
considerazione. L’aver identificato a livello internazionale e nazionale questi nuovi
parametri e dimensioni correlati tra di loro, ci permette di pensare che l’un l’altro possano
favorire uno sviluppo equilibrato verso una migliore qualità della vita ed un maggior grado
di “felicità”.
L’insieme di queste considerazioni e la storia della nostra regione devono portare
l’istituzione regionale a difendere e valorizzare le caratteristiche proprie del territorio e
delle comunità locali. Gli abitanti delle Marche hanno un’ attesa di vita tra le maggiori al
mondo e le nostre bellezze naturali e culturali rappresentano motivo indubbio di attrazione
per un turismo qualificato ma c’è il rischio di provocare il degrado di questi beni comuni
con scelte errate. Chiuso il periodo dei grandi impianti industriali con l’entrata in crisi del
“modello marchigiano”, con la crisi dell’industria del “bianco” e della cantieristica navale,
per lo meno così come l’abbiamo conosciuto, è nostra opinione che vada rafforzata la
filiera del “piccolo e bello”. Una regione con pochi abitanti e senza città metropolitane
come la nostra deve mettere in rete le sue migliori risorse per valorizzarle come un “MADE
IN MARCHE”; per questo, riteniamo importante adottare una visione strategica integrata
dello sviluppo del territorio fondata sul principio dello sviluppo sostenibile, eventualmente
articolata per aree vaste e, con essa, il rafforzamento:
della rete della produzione alimentare, delle attività agricole di nicchia e
dell’agricoltura biologica e OGM free (ricordiamo le “Carta di Arcevia” 1^ e 2^);
della rete Natura 2000 che può rappresentare una forte spinta al mantenimento
della biodiversità e, nel contempo, al rilancio di una economia agricola diffusa
anche nelle aree marginali;
dell’artigianato locale di qualità, del settore della moda (distretto calzaturiero, del
cappello), dell’artigianato diffuso a basso impatto ambientale e non energivoro;
dell’ospitalità turistica per un crescente turismo “verde” basato su sistemi e reti di
agriturismi e di B&B recuperando il patrimonio abbandonato;
dello sviluppo, ove necessario, di reti di trasporto sostenibile a servizio del distretto
turistico, dell’artigianato, della moda e alimentare;
dell’agevolazione ai piccoli impianti di energia rinnovabile al servizio delle singole
aziende e agli impianti fotovoltaici inseriti sui tetti delle fabbriche e degli edifici
ristrutturati (non di quelli di valore storico architettonico);
delle aziende innovative, dell’utilizzo delle reti informatiche, della banda larga, delle
nuove tecnologie create da aziende fortemente innovative (smart e start);
del supporto alle università marchigiane perché venga finanziata la ricerca applicata
e l’innovazione tecnologica a sostegno delle start up (Programma Horizon 2020 i
cui fondi non devono essere ridotti -3,8% dal Piano Juncker)
della cooperazione con e tra le università marchigiane per la promozione di
programmi di formazione e di ricerca corrispondenti alle reali esigenze del territorio;
delle attività culturali mediante lo sviluppo dei distretti culturali e la tutela dei beni
comuni, intesi sia come beni culturali che come beni ambientali;
della partecipazione democratica, da assumere ad ogni livello istituzionale come
metodo di governo, ricordando che il territorio ed i beni comuni appartengono ai
cittadini e che le amministrazioni pubbliche li devono amministrare nell’interesse
dell’intera collettività.
In questa ottica la Macroregione Adriatico Ionica può costituire un’occasione per ottenere
risorse economiche europee per mettere a valore i nostri caratteri peculiari, salvaguardare
il nostro patrimonio culturale, storico e paesaggistico-ambientale, valorizzare le risorse
sociali più attive e pronte al rinnovamento, le attività economiche sostenibili e innovative;
in definitiva per valorizzare le nostre eccellenze, non certo per incrementare il consumo di
suolo. Il Governo regionale deve sempre ricordare che la Costituzione afferma che
“l’iniziativa economica privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità
sociale” (art.41) e che “la proprietà privata è garantita dalle legge che ne determina i limiti
di godimento allo scopo di assicurare la funzione sociale” (art. 42)
Quindi dobbiamo fermare l’insensata deriva cementificatrice e distruttrice della nostra terra
e del nostro mare, troppo spesso attuata nel solo interesse economico e industriale
(soprattutto nel settore edilizio, petrolchimico ed energetico). Il riferimento è rivolto in
particolare ai due progetti dei rigassificatori di Porto Recanati e Falconara/Ancona, alla
vicenda del biogas ed alla tentata “truffa ideologica” della VIA postuma, ai progetti di
depositi del biogas, alle devastanti infrastrutture viarie della Quadrilatero e all’uscita Ovest
da e per il porto di Ancona, al mancato raddoppio ferroviario della linea Falconara – Orte
sacrificato al rischioso collocamento territoriale del collegamento delle linee ferroviarie
adriatica e romana (bypass ferroviario Falconara), alle autorizzazioni per insediamenti
edilizi e centri commerciali proposti in vari comuni, alla diffusione di impianti per l’energia
rinnovabile nelle aree agricole e fin sulle vette dell’Appennino. Tutto ciò programmato ed
attuato non tenendo in alcun conto l’azione fortemente critica e sempre ampiamente
documentata e motivata da parte dei cittadini, spesso organizzati in comitati spontanei ed
in Associazioni, che si è concretizzata con iniziative giudiziarie e proposte di legge ad
iniziativa popolare. Tali azioni sono state motivate dalla chiusura della classe politica alle
richieste dei cittadini e del territorio, da amministrazioni che hanno sempre ostinatamente
impedito un’effettiva partecipazione democratica alle scelte, in spregio alle stesse direttive
comunitarie. Sarà pertanto necessario contrastare tutte quelle norme contenute nella
legge nota come ”Sblocca Italia” varate dal Parlamento in danno al territorio, alla
partecipazione, ai beni comuni appartenenti ai cittadini. Sarà necessario rivedere e
riscrivere quelle leggi regionali vigenti, alcune delle quali approvate anche nell’ ultima
legislatura, che comportano il depauperamento e la perdita delle risorse naturali.
E’ inoltre necessario stabilire, in seguito alle modifiche istituzionali intervenute riguardanti
le Provincie, se le importanti e delicate competenze in campo ambientale delegate alle
Provincie rimarranno alle stesse (con la dovuta autonomia dal potere politico dei sindaci
posti a capo delle nuove provincie) o se torneranno alla Regione Marche o se finiranno ai
Comuni che diventeranno ancor di più controllori e controllati in evidente conflitto di
interesse, ipotesi da rigettare in toto.
IL PROGRAMMA
Una volta condivisa la visione strategica il programma dovrà prendere in considerazione i
parametri/dimensioni citate dall’OCSE e dal BES ed individuare le azioni da sviluppare per
migliorare la qualità della vita, considerando i vari fattori tra di loro interconnessi.
Nell’ambito delle nostre competenze e delle nostre motivazioni istituzionali, i temi per i
quali possiamo portare un contributo diretto sono quelli che vanno sotto il nome di
ambiente e territorio, il paesaggio ed il patrimonio culturale, la istruzione e la formazione,
la partecipazione democratica.
L’AMBIENTE E IL TERRITORIO
L’ambiente necessita di una profonda e programmata attività di risanamento idrogeologico
ed ecologico; questo dovrà rappresentare il maggiore impegno della Regione Marche per i
prossimi cinque anni.
IL BUON GOVERNO DEL TERRITORIO
Il nostro Paese ha la fortuna, e di questo deve essere orgoglioso, di avere una
Costituzione che all’art. 9, tra i compiti della Repubblica, sancisce quello della “tutela del
paesaggio e del patrimonio storico artistico e naturale della nazione” e che all’art. 32
inserisce quello della “tutela della salute”; compito questo che ha strette correlazioni con
l’ambiente di vita e di lavoro della popolazione.
La Costituzione medesima pone la prevalenza dei beni di cui all’art. 9 ed all’art. 32 rispetto
ai beni inclusi nel titolo “dei rapporti economici” e in particolare rispetto alla tutela
dell’iniziativa economica e della proprietà privata. Affinché tale gerarchia costituzionale di
valori trovi attuazione, noi riteniamo che il territorio marchigiano debba essere quanto più
rapidamente protetto da ulteriori urbanizzazioni fino ad arrivare all’obiettivo del “consumo
netto zero di suolo” posto dalle linee guida europee per il 2050; questo vuol dire, ad
esempio, che deve essere ripresentata ed approvata nella prossima legislatura (se non lo
sarà nella attuale) la proposta di legge di iniziativa popolare sulla “tutela del paesaggio ed
il governo sostenibile e partecipato del territorio”, nel testo firmato da ben 8717 cittadini
marchigiani; una legge che assicura garanzie sul raggiungimento di questo necessario
obiettivo. E’ ormai arrivato il tempo di affrontare la questione dell’eccesso di
impermeabilizzazione del suolo e della sua correlazione con le sempre più devastanti
conseguenze degli eventi calamitosi, soprattutto nella zona collinare con terreni argillosi
dove si produce un grave dissesto ed erosione del suolo e quindi è necessario impedire
l’utilizzo di suolo agricolo per ulteriori cementificazioni, per inutili lottizzazioni e
infrastrutture; per questo è necessario congelare le previsioni dei PRG vigenti che ad oggi
prevedono nuovi alloggi per almeno un altro mezzo milione di abitanti; una previsione che
non ha alcuna aderenza con la nostra realtà demografica. Si deve affermare il principio, da
concretizzare con adeguati strumenti di finanziamento pubblico e incentivazione fiscale,
che ove necessario si possa e si debba ricostruire sul già costruito, operando
contestualmente per la messa in sicurezza sismica e per il miglioramento energetico e
funzionale degli edifici, utilizzando tecniche che consentano il minor consumo del suolo e
la sua minor impermeabilizzazione.
Le attività economiche dovranno riutilizzare, laddove vi fossero le esigenze, le strutture
esistenti e inutilizzate presenti in grandi quantità sul territorio; per lo più capannoni costruiti
negli anni passati grazie agli incentivi dei vari governi. In tal senso va anche modificata la
legge nota come “piano casa”, prorogata dalla Regione Marche fino al 2016, che ha
previsto la possibilità di ampliare le volumetrie già costruite addirittura nelle zone di
massima tutela dei parchi regionali. Sul metanodotto Brindisi Minerbio che tocca anche le
Marche si chiede che la prossima Giunta confermi la contrarietà alla realizzazione
dell’opera, con l’impegno di confermare tale opzione in sede ministeriale, qualora la
Regione Marche sia chiamata a fornire un parere, e di negare anche l’intesa Stato –
Regione, se necessario, per bloccare ogni avvio dell’infrastruttura. Le persone che
considerano il Paesaggio del proprio luogo di vita “affetto da evidente degrado”, e dunque
una potenziale fonte di malessere, sono l’11,1% nelle Marche. La preoccupazione per il
depauperamento del territorio e la perdita di qualità del paesaggio è più avvertita dai
cittadini delle Marche rispetto alle altre regioni con l’ incremento più vistoso nel periodo
1998-2012, dal 9,8 al 17,4%, del totale degli abitanti, in conseguenza dell’incremento di
suolo urbanizzato negli ultimi 10-15 anni.
PARCHI E RISERVE NATURALI .
Aumentare la superficie a parco e riserva.
Migliorare l’ambiente vuol dire anche rifinanziare i tanti progetti della rete Natura 2000, dei
Parchi e delle riserve naturali, insieme costituenti la “Rete Ecologica delle Marche(REM)”,
aree utilizzabili sia come fattore di conservazione dei valori naturalistici, sia come sede di
sviluppo turistico sostenibile. La Rete Natura 2000 è altrettanto importante dei Parchi e
delle Riserve perché consente l’utilizzazione controllata del territorio, finanziata dalla
stessa UE. La REM, a nostro parere, nel prossimo futuro deva essere ampliata con la
costituzione dei parchi dei Monti Catria e Nerone e del Monte Pennino, come richiesto da
associazioni e da comitati di cittadini, nonché con la integrazione nel Parco del Conero,
della contigua riserva marina di cui Italia Nostra propone il riconoscimento fin dal 1988!
E’ necessario, altresì, che nel prossimo Programma Triennale Regionale delle Aree
Protette (PTRAP) sia prevista l’istituzione di altre aree protette come la Selva di
Castelfidardo e l’area storica della omonima battaglia, dando seguito alla indicazioni della
L.R. n. 5/ 2010, ma anche la Riserva della foce del Metauro (prevista nel 2003 e
successivamente stralciata), nel rispetto delle indicazioni della Rete Ecologica Marche. E’
importante sottolineare come le aree storiche delle battaglie di Castelfidardo e di
Tolentino, luoghi della memoria, siano fattori sia di conservazione dei valori naturalistici e
storici sia di sviluppo turistico sostenibile. E’ in itinere la progettazione dei piani di gestione
delle aree S.I.C. regionali, e a questo fatto positivo dovrà far seguito il finanziamento
operativo di detti piani. Bisogna poi ricordarsi dei parchi archeologici previsti dal Codice
dei beni Culturali e Paesaggistici. E’ infine necessario porre fine alle attività estrattive
collocate in aree tutelate e/o che pongano a rischio i beni culturali ed ambientali (ad es.
Gola della Rossa, Monte dell’Angelo di Arcevia, cave del Catria e del Pesarese, la Piana
di Maiano a Cagli).
L’ AGRICOLTURA .
Per una agricoltura naturale e non intensiva.
L’agricoltura, a distanza di 14 anni dall’avvio della PAC, è ancora largamente intensiva
(cioè di tipo industriale) con il risultato di un progressivo ed esteso abuso di pesticidi e la
denaturazione ormai capillare delle colline, andando a determinare un danno ambientale
difficilmente recuperabile per la perdita di suolo, per il rischio idrogeologico, per la perdita
di resilienza degli ambienti rurali, per la trasformazione innaturale del paesaggio, un danno
economico in quanto si continua a sostenere con i fondi del Piano di Sviluppo Regionale
(PSR) l’agricoltura industriale con possibili sanzioni dall’UE, un danno alla salute diretto
per gli agricoltori e le loro famiglie e indiretto per tutti attraverso i residui chimici che
troviamo nell’acqua e sui cibi, un danno allo sviluppo di altre possibili attività produttive
turistiche, culturali ed economiche “sane”. Per quanto riguarda il recupero delle aree
interne di montagna, si ricorda anche la carta di Avellana sottoscritta da diversi soggetti
nel 1996.
I FIUMI .
Bisogna studiare i fiumi, non trattarli con la cura della ruspa.
I fiumi richiamano immediatamente l’attenzione sulla questione della sicurezza e sulla
necessità di prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico. L’esperienza degli ultimi anni ci
dice che è necessario ripensare norme sciagurate che non tengono conto della diversità e
della funzionalità dei corsi d’acqua. Il fiume non è un canale artificiale ma un sistema
vivente! Un approccio serio al problema deve prevedere la costruzione di un sistema
informativo sulla situazione dei danni e degli interventi, realizzati e da fare, di un quadro
delle diverse possibilità tecniche di intervento, di un tavolo di discussione tra esperti sui più
efficaci sistemi di monitoraggio, sulla comprensione del ruolo delle diverse componenti del
sistema idrico di bacino nella determinazione dei danni lungo l’asta principale. Se si
tenesse conto della correlazione tra interventi di rettificazione e rimaneggiamento artificiale
su ampi tratti degli alvei fluviali, con il conseguente aumento della frequenza dei danni e
della loro intensità nei tratti di fiume interessati dalla “cura della ruspa”, ci si renderebbe
conto del grave errore che si sta commettendo e che si sta per ripetere colpevolmente.
MOBILITA’ E TRASPORTI .
E’ necessario potenziare il trasporto pubblico su ferro.
Noi riteniamo che sia necessario chiudere la fase dello sviluppo di nuovi collegamenti
stradali per affermare l’obiettivo di favorire il trasporto pubblico su rotaia, rispetto a quello
su gomma, sia per i danni collaterali sotto l’aspetto del consumo di territorio e
dell’inquinamento atmosferico, sia per l’aumento dei costi di manutenzione di percorsi
stradali duplicati. Sono evidenti in particolare gli sfasci ambientali determinati dalla
Quadrilatero e quelli che sarebbero provocati dall’appena nata “Società Centritalia” per
completare la Fano-Grosseto, se fosse realizzato il nuovo tracciato, già contestato dai
comuni della valle. La Regione, nell’ambito della Legge Obiettivo e dei relativi accordi
Stato – Regione, deve indicare come prioritario il completamento del raddoppio della linea
ferroviaria Falconara – Orte (su cui spostare i fondi previsti per il bypass ferroviario), la
riprogettazione del collegamento della linea ferroviaria Falconara – Orte con la Ancona –
Bologna in funzione del futuro arretramento dell’intera linea ferroviaria. Questa inversione
di tendenza comporta l’ investire risorse importanti nel potenziare la attuale rete ferroviaria
interna attraverso una modernizzazione comprensiva delle tratte Civitanova-MacerataFabriano-Pergola come già fatto per la Ascoli-Porto d’Ascoli. Vuol dire verificare la
sostenibilità economica di altri progetti sostenuti dai territori come ad esempio la FanoUrbino, la Porto S. Giorgio-Fermo-Amandola e la “ferrovia dei due mari” da Ascoli Piceno verso il Tirreno. Una linea interurbana interna su cui investire le notevoli somme oggi
investite sul trasporto locale su gomma. Se è necessario, visto il disinteresse di Trenitalia
a garantire il servizio pubblico, si crei una nuova azienda pubblica o pubblica privata dei
trasporti ferroviari come avvenuto in altre regioni (Sangritana docet). Contestualmente
deve essere rivista l’organizzazione del trasporto passeggeri su gomma che dovrà essere
reso complementare al servizio su ferro e non alternativo.
L’ INQUINAMENTO. E’ necessario rafforzare l’azione contro l’inquinamento con un
programma strategico per procedere alla bonifica di tutte le aree a rischio per la salute, per
l’ambiente, per le risorse idriche e alimentari.
La Regione Marche ha aree ad alto inquinamento come l’AERCA di Falconara (il Sito
inquinato di Interesse Nazionale (SIN) di Falconara M.) e della Vallesina dove, nonostante
il mutismo degli enti responsabili, prima una ricerca dell’Istituto Tumori di Milano e poi
finalmente il Ministro della Salute hanno scoperchiato il segreto di Pulcinella, e cioè
l’incremento del rischio di neoplasie per i residenti attorno la raffineria di Falconara.
Massimo allarme deriva dalle informazioni recentemente rese note sul fatto che le Marche
sono la prima regione per esistenza di zone da bonificare rispetto all’amianto.
L’inquinamento dei fiumi e dei mari rappresenta anch’esso un problema che deve essere
risolto con il potenziamento degli impianti di depurazione e la repressione dei reati
ambientali di cui si chiede l’inserimento nel Codice Penale. L’inquinamento del suolo va
affrontato attivando al massimo la raccolta differenziata ed il riciclaggio delle materie prime
secondarie, con una seria politica di riduzione nella produzione dei rifiuti, di riciclaggio –
recupero e riuso, raccolta dei rifiuti porta e porta, evitando la valorizzazione energetica dei
rifiuti in inceneritori (termovalorizzatori) e/o cementifici con la produzione di CSS o altri
derivati. Indicativo è il dato fornito dall’Eurobarometro, lo strumento della Commissione
europea di analisi dell’opinione pubblica, secondo il quale il 56% delle persone pensa che
la qualità dell’aria respirata sia peggiorata, idea che in Italia è condivisa dall’ 81% della
popolazione (rapporto Legambiente 2014).
L’ applicazione della normativa europea così come interpretata dalla regione Marche sul
controllo degli inquinamenti va rivista perché è assolutamente illogico che il controllo
dell’inquinamento atmosferico di fondo cittadino avvenga analizzando l’aria di un parco
cittadino (la Cittadella) sopra una collina ventosa, come avviene ad esempio in Ancona.
Anche in questa ottica una nuova politica dei trasporti pubblici su ferro contribuirà a
risolvere parte delle situazioni di inquinamento atmosferico monitorate, anche se in modo
insufficiente (poche centraline), dalla rete dell’ARPAM, con particolare riferimento alle PM
10 e 2,5, spesso superiori ai limiti consentiti dalle norme europee. E’ necessario
incrementare le aree pedonali e le Zone a Traffico limitato nei centri urbani, nonché la
mobilità elettrica. Anche in questa ottica si è contrari alla realizzazione dell’Uscita ad Ovest
dal porto di Ancona, l’area più inquinata della Regione.
IL PAESAGGIO ED IL PATRIMONIO CULTURALE
La cultura ed il paesaggio rappresentano un valore fondamentale ed identitario che
caratterizzano fortemente la nostra regione
Il citato art. 9 della Costituzione Italiana prevede che la tutela riguardi anche il patrimonio
storico ed artistico ed il paesaggio e quindi tutta la categoria dei beni culturali, così come
indicati esplicitamente dal Decreto Legislativo n. 42/2004, più noto come “Codice dei Beni
Culturali e del Paesaggio”. La nostra regione si è sempre caratterizzata per la capillarità e
la ricchezza del tessuto insediativo, sul quale si è incardinata nei secoli la presenza
dell’uomo fin dal neolitico passando poi per i Piceni, i Galli Senoni, i Greci, i Romani, i
Longobardi e i Bizantini, fino al medioevo, al rinascimento con le signorie dei Da Varano,
Malatesta, Montefeltro e via via fino ai giorni nostri. Di questa fitta e variegata
organizzazione del territorio resta evidente testimonianza nelle tracce della centuriazione
romana, nel fitto reticolo stradale, nei numerosi e importanti siti archeologici, negli edifici
religiosi spesso scrigni di arte e di architettura sparsi ovunque dalle remote campagne alle
pendici montane, e soprattutto nella miriade di centri storici, dai più minuscoli alle città
costiere, ricchi di architetture e opere d’arte. I centri storici sono stati oggetto di attenzione
dalle ormai famose “Carte di Gubbio” che prescrivono il loro restauro conservativo.
Tutto questo patrimonio culturale va in primo luogo difeso e conservato in ogni dove, dai
piccoli centri murati di collina e di montagna in via di spopolamento e minacciati dal
degrado, alle città più grandi soffocate da una espansione edilizia spesso caotica, dove la
principale minaccia è costituita dall’incuria e dai rischi della cementificazione, come nel
comune di Porto Recanati per la lottizzazione al Burchio (al momento bloccato dalla nuova
amministrazione comunale), come a Loreto per la lottizzazione in località Pizzardeto,
come a Recanati sul Colle dell’Infinito, come per alcuni parchi eolici proposti sugli
Appennini. Poi il patrimonio culturale, una volta difeso e conservato, va fatto conoscere e
correttamente valorizzato ai fini culturali e turistici, a fini di ricerca, di didattica, di
formazione, superando la situazione attuale dove, se si eccettuano le città d’arte e i luoghi
di maggiore interesse turistico, manca una incisiva rete informativa e di promozione
regionale. Una diversa gestione ed una efficace promozione di tanti luoghi ricchi di
potenzialità turistiche e culturali aiuterebbe le iniziative spesso frammentarie ed
improvvisate (non per colpa loro) dei singoli comuni con risultati modesti e con un impiego
dispersivo delle già poche risorse.
La Regione Marche deve quindi avviare un programma di coordinamento con gli enti
locali, collaborando tramite le proprie articolazioni ed uffici, insieme alle strutture
decentrate del Ministero dei Beni Culturali, le Soprintendenze, al fine di promuovere la
conoscenza e quindi la valorizzazione del patrimonio culturale del territorio, anche nel
campo della ricerca e dell’editoria, supportando i comuni e le associazioni volontarie, tra le
quali vanno citate anche le Pro Loco, nel progettare reti informative ed eventi di
dimensione sovra comunale promovendo e sostenendo forme nuove e più ampie di offerta
turistica.
L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE
Per un rinascimento educativo che promuova la creatività e l’innovazione.
In Italia, nel periodo 2008-2014, mentre la spesa pubblica è aumentata (+12,9%), i tagli
più drastici hanno riguardato la ricerca scientifica con un -31,1%, l’istruzione universitaria
con un netto –9,6%, la scuola con una diminuzione del 6,5% (Dati della Tesoreria dello
Stato illustrati in Senato a dicembre 2014 riportati su ”Scienza in rete Gruppo 2003”)
Il territorio con i suoi beni culturali rappresenta, per le cose fin qui dette, un motivo forte di
identità regionale che deve trovare spazio nella educazione e formazione fin dalla più
giovane età degli studenti. Quando nelle nostre realtà locali si assumono iniziative di
conoscenza del nostro notevole patrimonio si assiste sempre ad una notevole adesione e
partecipazione da parte dei cittadini, così come buona adesione raccolgono i corsi di
aggiornamento per insegnanti su detti argomenti ed alto valore formativo ricoprono, ad
esempio, i corsi di archeo chimica realizzati da alcune scuole secondarie nella nostra
Regione, di comune accordo ed interesse con le istituzioni preposte alla tutela.
L’educazione al patrimonio deve essere un asse portante del rinascimento educativo che
deve caratterizzare, a nostro parere, le nuove generazioni, attraverso una convinta opera
di sensibilizzazione, istruzione e formazione legata al territorio, facendo riferimento per gli
aspetti ambientalisti ai centri di educazione ambientale (CEA). Questo obbiettivo può
essere raggiunto con il determinante contributo del MIUR regionale, affinché vengano
inseriti tra i programmi didattici la riscoperta e lo studio del patrimonio ambientale e
culturale dei nostri territori.
La Regione, anche di concerto con le altre realtà (parchi, comunità montane, comuni)
dovrebbe investire maggiormente sulla formazione di guide e operatori turistici, in modo da
migliorare l’accoglienza e la promozione, e il livello culturale-ambientale. Anche in questo
caso potrebbero essere di aiuto le associazioni di volontariato, assegnando loro un minimo
di risorse economiche.
LA PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA
Democrazia è partecipazione
Il governo regionale dovrà essere orientato, a nostro parere, al raggiungimento di una
maggiore partecipazione dei cittadini alle scelte tramite una corretta informazione ed uno
spazio decisionale variamente graduato, in particolar modo per quel che riguarda le scelte
per il territorio. In proposito occorre tener presente che l’ordinamento europeo e la
Convenzione di Aarhus impongono tale approccio garantendo la più piena partecipazione
dei cittadini interessati alle scelte, normative e amministrative, che riguardano l’ambiente e
ponendo doveri di coinvolgimento del pubblico in capo ai soggetti pubblici. In tale senso
l’art. 18 della PDL ad iniziativa popolare “tutela del paesaggio ed il governo sostenibile e
partecipato del territorio”, prevede la partecipazione ai processi decisionali utilizzando i
nuovi principi europei di accesso all’informazione, superando la applicazione strettamente
burocratica e limitativa della L.241 risalente all’ormai lontano 1990. Più in generale,
vogliamo proporre alla futura classe politica regionale un nuovo metodo di pensiero e
azione “collettivi”, affinché essa si impegni ad una trasparente, onesta e fiduciosa
collaborazione con tutta la società civile ed il suo ricco associazionismo. Questa nuova
apertura, rifuggendo da tentazioni lobbistiche ed elettorali di corto respiro, può consentire
l’attivazione spontanea di idee ed energie nuove, capaci di suscitare micro-soluzioni
originali a macro-problemi di rilevanza ormai sistemica ed epocale. In generale, infatti, una
politica radicata nelle esperienze locali e più ampiamente condivisa sin dalla sua
gestazione assicura un maggiore impatto ed efficacia. Per non rimanere in propositi
utopici, è però necessario trasformare le regole e le prassi di formazione e partecipazione
alle scelte pubbliche nel senso di una maggiore chiarezza, pubblicità e trasparenza
procedurale. Del resto, l’esperienza recente sul fronte nazionale ed internazionale mostra
come la soluzione di grandi sfide non possa essere demandata in modo semplicistico
all’alternativa classica tra “stato” o “mercato”. Occorre invece una nuova sintesi di
entrambi, in vista dello specifico e complementare apporto reso dalla società civile. Per
attivare questo apporto, occorre trasformare e semplificare la Pubblica Amministrazione in
una realtà comprensibile, efficiente e prossima al Cittadino, che sappia suscitare fiducia,
spirito di collaborazione e condivisione nel perseguimento dei suoi fini istituzionali. Per
questo, le nuove tecnologie informatiche per l’eGovernment possono aiutare, ma esse
richiedono anche un analogo cambiamento culturale delle logiche organizzative spesso
verticistiche e autoreferenziali della PA, verso un maggiore decentramento.
CONCLUSIONI
In base a quanto esposto è evidente che, per noi, le risorse disponibili dovranno essere
impegnate in iniziative per migliorare la qualità della vita, a cominciare dalle iniziative
contro il consumo del suolo e il dissesto del territorio che dovrà essere l’impegno
principale del nuovo Governo Regionale, per poi puntare sui settori che noi riteniamo
nevralgici per il prossimo futuro, come precedentemente illustrato.
Siamo altresì convinti, come peraltro affermato anche dal rapporto 2014 di Federcultura
che sia “la cultura l’alternativa alla crisi per una nuova idea di progresso”, affermazione
che è presente nel sotto titolo al presente documento e che forse oggi potrebbe essere
declinata al plurale, le “culture”, dato che sono più affluenti ad andare verso la foce unica.
Le idee proposte in questo documento non sono certo esaustive né costituiscono
da sole un programma di governo, cosa che non è nei fini istituzionali delle Associazioni
bensì rappresentano il contributo di cittadini che, volontariamente e gratuitamente, sono
impegnati quotidianamente sul territorio per l’attuazione dell’art.9 della Costituzione
Italiana, a tutela del patrimonio storico artistico e naturale della Nazione.
Le Associazioni Ambientaliste hanno deciso di inviare il presente documento a tutte
le forze politiche che si vorranno proporre per il Governo della Regione alle prossime
elezioni amministrative. L’obiettivo, dichiarato, è che proposte ed idee presenti in
questo documento siano fatte proprie da quanti più soggetti politici e contenute
espressamente nei loro programmi per poi realizzarle veramente.
Le associazioni si riservano di organizzare incontri pubblici per la diffusione del
presente documento ed ogni altra iniziativa in grado di sensibilizzare i cittadini affinché
essi stessi possano esprimere un voto responsabile coerente con i contenuti del presente
documento ove condiviso, rispetto ai programmi che saranno proposti dai vari soggetti
politici. Tenendo presente poi che le buone idee vanno avanti con le gambe delle persone
sarà anche opportuno che gli elettori, oltre la forza politica da votare, scelgano con
oculatezza le persone a cui affidare la realizzazione dei programmi ed in definitiva il
proprio futuro e quello della comunità marchigiana.
RINGRAZIAMENTI
Le Associazioni Ambientaliste infine ringraziano tutti coloro che hanno collaborato alla
redazione del presente documento ed in particolare ringrazia coloro che hanno fornito il
proprio contributo critico di cui si è tenuto conto nel documento:
-Edoardo Biondi, già professore di Botanica presso la Università Politecnica delle Marche
-Gabriele Fangi, professore di Topografia presso la Università Politecnica delle Marche
-Paolo Maddalena, vice presidente Emerito della Corte Costituzionale
-Nicola Matteucci, economista, professore presso la Università Politecnica delle Marche e
la United Nations University (UNU)- MERIT Olanda
-Franco Pedrotti, botanico, professore emerito presso la Università di Camerino
-Riccardo Picciafuoco, architetto e paesaggista
-Gilberto Piccinini, storico, presidente della Deputazione di Storia Patria delle Marche
-Michele Polverari, critico d’arte, già Direttore della Pinacoteca di Ancona
-Francesco Scarabicchi, poeta e scrittore
-Elisa Scotti, avvocato, professore di Diritto e direttore del Master per l’Innovazione della
Pubblica Amministrazione presso la Università di Macerata
-Fabio Taffetani, professore di Botanica presso la Università Politecnica delle Marche.
Ancona, 15 gennaio 2015
IL PRESENTE DOCUMENTO E’ CONDIVISO DALLE ASSOCIAZIONI
Federazione Pro Natura Marche, Forum Paesaggio Marche, Italia Nostra Marche,
Legambiente Marche, L’Onda Verde, Lupus in Fabula, Terra Mater, WWF Marche