IL VECCHIO CHE AVANZA

Il mondo cambia, ma la politica sembra non rendersene conto. Lo dimostrano il nuovo Piano Regionale Infrastrutture “Marche 2032”  e le dichiarazioni che lo vorrebbero celebrare come novità capace di risolvere, in meglio, la vita dei cittadini. Molte le contraddizioni che la Lupus in Fabula ha rilevato dalla lettura del Piano. Volendo richiamarne alcune non si può non partire dai 4 miliardi dedicati allo scopo. Chi ha predisposto il finanziamento, Regione, Stato o Europa che sia, avrebbe potuto/dovuto destinarne una  parte consistente ad altri settori decisamente più in sofferenza, ad esempio quello sanitario, piuttosto che indurre altro consumo di suolo.  Sarebbe stato sufficiente sondare l’opinione dei cittadini per capire quali potevano essere le vere urgenze. Semplice la possibile domanda da porre ai marchigiani: vuoi una nuova strada o ospedali e ambulatori funzionanti? Purtroppo, non sapremo mai la risposta visto che la democrazia partecipata non è mai stata una priorità per i governi di questa regione.  Sono previsti anche progetti  per ciclabili e linee ferroviarie, e questo è un bene, ma è la pianificazione di nuove strade che predomina e che  fa capire come si abbia a che fare con logiche non propriamente al passo con i tempi e  decisamente poco sostenibili. Ovviamente rimane più che auspicabile la manutenzione e l’efficientamento dell’esistente. Da sottolineare che la regione Marche ha una rete stradale di circa 5162 km (riferimento alle sole strade regionali e provinciali) con una densità pari a 53 km di lunghezza ogni 100 kmq di superficie (dato del 2019- fonte Regione Marche – “le Marche in cifre 2022), situazione che la porta ad avere una densità di strade decisamente sopra la media nazionale.  Alla faccia dell’isolamento tanto lamentato! La volontà di perseguire obiettivi quali la velocizzazione e la competitività  risulta poco apprezzabile, perché i guadagni in termini di tempo sono risibili mentre i principali poli industriali sono stati già desertificati e si rischia di perdere la vera ricchezza delle zone interne che è la bellezza del paesaggio.  Quindi, nulla di nuovo all’orizzonte, e’ solo il vecchio che avanza! Una ultima considerazione ci riporta alla pretesa sostenibilità del piano. Rispetto al problema climatico siamo praticamente  ancora all’anno zero e non è certo costruendo strade, alcune delle quali certamente non necessarie, che riusciremo a rispettare i limiti  temporali fissati sulle emissioni di CO2. Infatti, è bene sottolineare che le strade non sono solo una lunga distesa di asfalto facile da percorrere, ma sono anche le centinaia di mezzi da lavoro che servono a costruirle, mezzi che attraverseranno  la regione in lungo e in largo per migliaia di Km, ogni giorno. Enormi le quantità di benzine e gasoli consumati, enorme le quantità di CO2 emessa. Svincoli, rotatorie e reti viarie di servizio, tutto deve essere costruito. Ci saranno da considerare i milioni di mc di terreni di scarto che dovranno essere stoccati da qualche parte, la perdita di suolo e la sua impermeabilizzazione, l’apertura di nuove cave e/o l’ ampliamento di quelle vecchie,  il  taglio di centinaia o migliaia di alberi e arbusti, la perdita di biodiversità, la interruzione di corridoi ecologici ed altro ancora. Difficile credere che questo livello di impatti (ambientali e sociali)  possa essere compensato da velocità e competitività. Ad esempio, nel tratto pedemontano Sassoferrato-Cagli, strada a due corsie da percorrere presumibilmente a 70Km/h, il risparmio di tempo, rispetto al vecchio percorso, potrà essere di circa 10 minuti o poco più. Questo è, di fatto, il Piano Infrastrutture “Marche 2032”, un piano che finirà per produrre un unico risultato: la definitiva perdita identitaria dei territori.

25 Marzo 2024                                        La Lupus in Fabula