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Un’immagine che doveva essere soltanto la fotografia di un sentiero nel bosco percorribile a cavallo, ha oggi acquistato per me un significato particolarmente triste. E’ l’ultimo ricordo visivo che mi è rimasto di Birillo, il mio Yorkshire fedele e grintoso, che non si allontanava mai da casa e si avventurava nel bosco solo per accompagnare me. Nella fotografia Birillo cammina avanti e, in una interpretazione successiva ai fatti, forse sentimentale (ma perché no?) sembra andarsene via, come chi si allontana dopo il commiato, verso il proprio destino. Pochi giorni dopo Birillo è morto, sotto casa, per aver ingerito veleno sparso in giro da qualche gentiluomo cacciatore. Come lui altri quattro dei miei cani hanno trovato la morte per avvelenamento nel giro di pochi giorni e nel bosco ho trovato una bellissima volpe anche lei uccisa dal veleno.

Non voglio portare in piazza il dolore che pesa nel mio cuore per la perdita di fedeli amici innocenti, raccolti per strada e sottratti al destino dell’abbandono e del randagismo. Quella è una sofferenza che riguarda solo me. Ritengo, però, opportune alcune considerazioni che, anche se non nuove per chi sinceramente ama gli animali e condanna l’immoralità dell’attività detta caccia., vanno tuttavia ripetute, affinché giovino.

Il leone e la tigre, come qualunque altro predatore e come l’uomo nello stadio evolutivo  primitivo, uccidono per mangiare e sopravvivere. Lo stesso non si può dire dell’uomo che oggi uccide per sport e per piacere. Solo nell’era moderna la caccia è stata considerata uno sport da fare per puro divertimento. Una attività che non è sfuggita all’attenzione della psicanalisi, la quale ci dice che l’uso delle armi da fuoco rappresenta una rivendicazione della virilità dell’uomo: la carabina è un pene apportatore di morte. Il cacciatore moderno vorrebbe dimostrare la sua virilità nello stupido, insensato, crudele assassinio dei nostri fratelli animali. L’ostentazione e il vanto di questo surrogato di virilità si manifesta eclatante in quelle orrende parate di macchine rigate del sangue di animali uccisi, esposti sui cofani.

Nelle società antiche primitive la uccisione di un animale richiedeva una espiazione. L’uomo che lo aveva ucciso in un modo o nell’altro doveva pagare per tale morte. “L’Animalicidio”, come lo ha chiamato Levy Bruhl, era considerato della stessa gravità dell’omicidio e chi uccideva un animale doveva sottoporsi a una purificazione per ristabilire l’ordine naturale che il suo atto aveva sconvolto, anche se causato da necessità.

Il cacciatore moderno cerca di giustificare una sua attività ludica, moralmente ingiustificabile, mascherandosi dietro l’amore per la passeggiata all’aria aperta e per il contatto con la natura. E allora, perché passeggiare con un fucile? E’ sufficiente un bastone da montagna per accompagnare il passo o una macchina fotografica per catturare le immagini che tanto commuovono lo spirito poetico del cacciatore.

Oltre a queste, ci sono, peraltro, delle altre considerazioni e degli interrogativi ancora più pragmatici.

Se, per esempio, desidero acquistare una pistola per detenzione e, molto eventualmente,  come deterrente o per difesa personale, (motivo giustificato dal fatto che vivo in un contesto piuttosto isolato), trovo un gran numero di difficoltà burocratiche, esami medici,  moduli da riempire per domande alla prefettura, vagliate dai carabinieri e così via. Finisco per rinunciare e poi può darsi che comunque mi direbbero che è meglio non avere un’arma in casa.  Più rapido e sicuro, allora, è richiedere la licenza di caccia. Quella la danno con estrema facilità, quasi te la tirano dietro, e così puoi comprare tutti i fucili che vuoi. L’assurdo sta nel fatto che a una persona che vuole un’arma con la chiara intenzione di uccidere, e nell’uccidere prova piacere e divertimento, viene facilmente concesso di averla e di andarci in giro.  Queste persone, poi, che così facilmente vengono armate, sono, in grande maggioranza, arroganti, maleducate e pericolose, prive di riguardo per i diritti di proprietà, come dimostrano i fatti riportati nelle cronache dei giornali. Se alle loro intrusioni dannose il proprietario  si lamenta, viene minacciato. Si deve tollerare che, dopo aver subito minacce, individui armati girino per le nostre proprietà?

E’ tollerabile che un cittadino non possa passeggiare tranquillamente nel bosco, magari di sua proprietà, se non preceduto dal suono di una campanella, come un lebbroso, per avvertire della sua presenza , per non correre il rischio di prendersi una fucilata?

E’ tollerabile che un allevatore rischi di perdere i suoi animali perché si spara in mezzo a loro che pascolano e il rumore della fucilata, causando panico, li costringe a fuga precipitosa che, in terreni montani, scoscesi, è fatale per la loro incolumità? Un caso, questo, particolarmente pericoloso per i cavalli, specialmente se nevrili.

E’ tollerabile che i recinti vengano tagliati  lasciando, in tal modo, che gli animali al pascolo escano e magari causino dei danni per i quali è ritenuto responsabile il proprietario e chi ne ha la custodia?

E’ tollerabile che all’aprirsi della caccia si debbano chiudere in voliera i piccioni, perché altrimenti vengono tutti uccisi?

E’ tollerabile che per difendersi in qualche modo si deve chiudere il fondo secondo regole che sanno d’imposizione e che comportano  un notevolissimo impegno economico?

Quale fiducia si può avere in un Potere che si dimostra incapace di applicare e di far rispettare la legge nei confronti di pratiche illegali come il bracconaggio ( diffusissimo in una provincia come quella di Pesaro-Urbino), come la violazione dei limiti delle riserve demaniali e di tutte le altre azioni  della caccia teoricamente vietate?
Che succederebbe se un boccone avvelenato finisse nelle mani di un bambino? I bambini, si sa, portano tutto alla bocca. E allora? Che difesa si può avere nei confronti di cacciatori, liberi di entrare nella proprietà altrui e danneggiare alberi da frutta e culture? Si può vivere in continuo stato di allerta? Chi ci garantisce da questi continui soprusi?

Chi ci protegge dalla irresponsabilità dei cacciatori che sparano agli uccelli migratori favorendo così la diffusione dell’influenza aviaria?

Questi fatti e problemi sono ben conosciuti da chi vive in campagna e forse meno da chi vive in città. Sia gli uni che gli altri, però, sono uniti nella condanna dell’assassinio degli animali e costituiscono la grande maggioranza degli italiani, che per l’83% sono contrari alla caccia. Essendo maggioranza si ha la forza di fermare questa forma di degrado e di inciviltà. Tale forza sta nel voto. Cerchiamo di comportarci da cittadini maturi. Non andiamo a votare come chi va allo stadio per fare il tifo per una squadra per motivi passionali. Andiamo a dare il voto a chi ha un programma e idee e serietà che ci convincono. Non votiamo colori, ma uomini. Non diamo il voto ai parlamentari o aspiranti politici che sono in favore della caccia o sono succubi o manipolati da interessi o da ottiche di voto o addirittura cacciatori. D’altro canto, quali garanzie etiche può dare chi è incline a uccidere per divertimento?  “Per l’uomo morale”, ha scritto Albert Schweitzer, “la vita è sacra di per se stessa”.

L’uomo non ha il diritto di comportarsi come un dittatore indiscusso e di disporre della natura e dei nostri fratelli non umani a suo piacimento.

Carlo Faillace

Presidente Pro-Equo Italia e scrittore