Sulle colline della Provincia sta avvenendo uno scempio senza precedenti. Centinaia di impianti  fotovoltaici stanno colonizzando il paesaggio distruggendo quello che fino ad oggi era stato salvato dal cemento. Ora che la crisi economica ha frenato il proliferare di capannoni e palazzine che hanno mangiato la costa e intere valli alluvionali, sono le colline a subire l’aggressione di una nuova speculazione: quella legata alle fonti rinnovabili. Tutto merito di una legge, la 387 del 2003, che autorizza l’installazione di impianti fotovoltaici anche in zone agricole e considera tali opere “di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti e di un Ministero, quello alle Attività Produttive che –di concerto con quello all’Ambiente e ai Beni Culturali”- aspetta fino a settembre 2010 per varare le linee guida previste dalla legge per “assicurare un corretto inserimento degli impianti …nel paesaggio”.

Tuttavia qualcosa si poteva fare per evitare che la corsa al guadagno facile si trasformasse in un danno per la collettività.

Infatti la legge citata prescrive che la costruzione e l’esercizio degli impianti avvenga “nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico” e stabilisce che nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale”. Quindi vi sono precise responsabilità  anche di Regione, Provincia e Comuni che non hanno svolto il loro preminente ruolo a garanzia del bene pubblico.

Prima che la normativa nazionale definisse l’obbligo della Valutazioni di Impatto Ambientale al di sopra di un MW di potenza installata,la Regionepoteva abbassare questo limite e obbligare così molti progetti a presentare lo studio di impatto ambientale: lo ha fatto solo nell’ottobre 2010 per cui la norma regionale è rimasta valida solo pochi mesi.

Contrariamente a quanto afferma l’assessore Porto, la Provinciadi Pesaro e Urbino poteva porre un argine alla pioggia di richieste con uno scrupoloso rispetto delle procedure di autorizzazione: invece in molti casi non è stata fatta la Valutazione di Impatto Ambientale perché si è volutamente ignorato l’effetto cumulo tra impianti anche vicinissimi. Altri dubbi sorgono se ci si ferma a valutare il numero dei progetti firmati da certi professionisti o il nome dei richiedenti l’autorizzazione unica. Ma tutto rispondeva ad un dettato politico, quello che voleva trasformare la “provincia bella” nella “provincia del sole e del vento” senza riflettere sui danni che si stavano per fare all’agricoltura e al paesaggio.

Infine anche i Comuni hanno fatto ben poco per salvaguardare il loro territorio: in alcuni casi non hanno nemmeno presentato osservazioni ai progetti, o lo hanno fatto in ritardo, e ad oggi sono in molti a dover ancora cartografare le aree non idonee agli impianti fotovoltaici, in ossequio alle linee guida regionali.

Alcune associazioni ambientaliste come la Lupus, e quelle agricole come Coldiretti, hanno lanciato l’allarme alla vista dei primi impianti, ora che ce ne sono a decine, sono in tanti a scandalizzarsi, ma ormai “i buoi sono scappati”. L’unica consolazione potrebbe essere che qualcuno paghi per il danno arrecato all’economia e al paesaggio, speriamo che la Magistratura si muova.

Fano, 06/01/2012

Claudio Orazi