Quando si parla di “compensazione” senza comprenderne la portata

Le Amministrazioni pubbliche, ai vari livelli, che autorizzano – spesso con disarmante leggerezza – l’abbattimento di alberi che creano “ostacolo” alla realizzazione di nuove opere pubbliche od anche di semplici manutenzioni, si giustificano con l’abusato riferimento alle cosiddette “compensazioni”.

E’ necessario però chiarire l’aspetto naturalistico delle “compensazioni”.

È ovvio che sia giusto e corretto imporre una compensazione in caso di abbattimenti, per un principio di invarianza,  che del resto esiste per le questioni idrogeologiche: si dovrebbe restituire alla permeabilità un metro quadro di terreno per ogni metro quadro di nuova impermeabilizzazione. Questo principio ha anche a che fare con le nuove ciclabili se insensatamente realizzate in asfalto – vedi la Ciclofoglia finora realizzata – che sottraggono comunque terreno permeabile, un mezzo ecologico contro l’ecologia: solo la nostra classe politica poteva essere così superficiale ed attenta solo alla visibilità…

La sacrificabilità sempre e comunque degli alberi  è un fatto gravissimo, che ci colloca tra i paesi più arretrati d’Europa in campo ecologico.

Due o tre alberi giovani piantati in luogo di quello abbattuto svolgono la stessa funzione?

Assolutamente no. Se è vero che un albero giovane assorbe più velocemente di uno adulto la CO2 perché cresce più rapidamente, la sua massa fogliare però è assai più ridotta, e dato che la CO2 viene assorbita dalle foglie, le due o tre chiome sommate degli alberelli di compensazione non vanno nemmeno vicino alla CO2 assorbita da un grande albero, specie se ha una bella chioma poco alterata dalle potature. Quindi bilancio negativo per la CO2 almeno per 3 lustri.

Bilancio negativo anche come climatizzazione legata all’ombreggiamento. Questo è intuibile. Nemmeno 20-30 alberelli di tre anni proiettano la stessa ombra sul terreno di un albero di 50-60-70 anni. Lo stress del trapianto impone una ripartenza molto lenta di ogni albero, che sia stato messo in terra a radice nuda, in zolla oppure cresciuto in vaso (l’apparato radicale è intero ma estremamente ridotto, essendo cresciuto in uno spazio molto angusto).

Vogliamo dire qualcosa anche sulla bellezza? È vero che è soggettiva ma è impossibile restare colpiti da un albero col fusto di 15 cm di diametro, mentre si può rimanere folgorati dalla bellezza di uno con diametro di 70-80 cm.

Diciamo qualcosa anche sulla relazione che l’albero ha con gli animali. Un uccello che nidifica sui rami, come un cardellino, un fringuello, un verzellino, un codibugnolo, non lo farà su un albero con pochi rami, radi e poco densi di foglie, che si alza al massimo per 4 metri. Ogni specie utilizza un albero, un cespuglio, come luogo di nidificazione, in base alle proprie esigenze. Un ramo troppo esposto viene disertato, ed è facile capire il perché.

Gli uccelli “hole depending”, cioè quelli che fanno il nido solo nelle cavità, non hanno alcuna possibilità di trovarne in un milione di alberi di 4 anni. Nemmeno in un miliardo di alberi giovani. Mentre un vecchio albero, con le cavità dovute a cadute rami, ferite, attacchi parassitari, possono essere un vero condominio di specie diverse.

Cinciallegre, cinciarelle, cince more, frequenteranno forse gli alberi giovani per cercare invertebrati sulle foglie, e ne troveranno pochi.

I picchi se ne staranno ben lontani, niente insetti nel legno maturo da mangiare e nessuna opportunità di farci il nido.

Picchi muratori e rampichini non solo non avranno cavità dove deporre ma non proveranno nemmeno a percorrere in su e in giù i giovani fusti, troppo lisci ancora per ospitare insettini.

Per qualche anno non ci saranno fioriture, quindi nessun insetto pronubo, per qualche anno la copertura al terreno sarà ridotta e sarà ridotta la produzione di foglie secche, dove molti animali trovano nutrimento, tra cui il riccio amato da tutti.

Un bilancio assolutamente in perdita, per qualche decina di anni.

Ma le amministrazioni continuano a spacciare la misura della compensazione come un riporto alla parità della situazione prima dei tagli e dopo. È una bufala. Una forzatura.

L’ombra serve subito, servirà anche quella che gli alberi oggi piccoli faranno tra 30 anni, ma ne serve tanta anche oggi.

La nidificazione deve avvenire ogni anno, per specie di brevissima longevità come una cincia o in genere i piccoli passeriformi.

La vogliamo piantare di semplificare il sistema? Il fiume non è un canale che porta acqua, è un ecosistema complesso con infinite relazioni. Il bosco non è un reticolo a scacchiera di alberi della stessa età. Il prato non è una moquette verde. La siepe non è un elemento di arredo sterile.

La nostra arretratezza culturale è immensa, la nostra ignoranza dei meccanismi basilari dell’ecologia è scandalosa.

 

Pesaro, 24 febbraio 2023

 

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