Al

Sportello Unico Attività Produttive

Della Comunità Montana Alto e Medio Metauro

Via A. Manzoni, 25

URBANIA

suap.cm.altoemediometauro@emarche.it

 

Al

Sindaco

Comune di Urbino

Via Puccinotti, 3

61029 URBINO

comune.urbino@emarche.it

 

 

Oggetto: osservazioni alla variante “Ampliamento magazzino automatico e nuova zona carico/scarico nello stabilimento Benelli Armi in Comune di Urbino, Via della Stazione n. 50-foglio catastale 166 mappale 489”.

 

 

Visti i documenti pubblicati e precisamente:

tavola di progetto serie A/01 (Relazione tecnico illustrativa, stralcio P.R.G., documentazione catastale, documentazione fotografica); lettera dello sportello SUAP prot. 3555/9.6 del 28/06/2011; lettera dello sportello SUAP prot. 3196/9.6 del 10/06/2011; provvedimento di approvazione n. 60  e allegato A del 28/06/2011; verbale della Conferenza di Servizi del 28/06/2011;

 

il sottoscritto Flavio Angelini, quale presidente dell’Ass.ne ambientalista La Lupus in Fabula Onlus, essendo il provvedimento in esame pregiudizievole degli interessi diffusi che l’associazione rappresenta, formula le seguenti osservazioni.

 

Osservazioni

 

Osservazione n. 1)

Si chiede di respingere la richiesta di variante in quanto non compatibile con i caratteri storici, culturali e paesaggistici dell’area, considerata la sua estrema vicinanza al centro storico di Urbino.

 

Osservazione n. 2)

Si chiede che l’approvazione della variante sia vincolata alla presentazione e quindi all’approvazione da parte del Comune di Urbino di un  progetto particolareggiato di mitigazione e compensazione ambientale al fine di mascherare lo stabilimento da ogni punto di vista panoramico e da strade comunali o provinciali, che preveda nello specifico: coperture vegetali di tutti i tetti, barriere vegetali verticali, raccolta e riutilizzo dell’acqua piovana.

 

 

 

 

Motivazioni

 

Motivazione 1)

 

La presenza della ditta Benelli Armi alle porte di Urbino costituisce una grande anomalia.

La prima è di tipo urbanistico.

La fabbrica di armi è localizzata in un’area caratterizzata da insediamenti di civile abitazione e da un territorio di prevalente uso agro-silvo-pastorale, a poche centinaia di metri dalla cinta muraria del centro storico di Urbino. Quindi l’insediamento produttivo non è inserito in una zona omogenea di tipo artigianale o industriale, per cui se in passato è stato fatto un errore assentire tali attività, oggi non è più possibile consentirne l’ampliamento in quanto questo contrasta con una corretta e moderna programmazione urbanistica.

Inoltre il Consiglio comunale di Urbino ha da poco votato un o.d.g. a favore della riattivazione della ferrovia come metropolitana di superficie: la variante è in contrasto con detta proposta in quanto sottrae superficie ad un’area che potrebbe essere indispensabile allo sviluppo e realizzazione di detto progetto di mobilità interurbana.

 

La seconda di tipo storico e culturale.

La città di Urbino è Patrimonio Mondiale dell’Unesco, perché secondo il IV criterio di iscrizione “Urbino rappresenta un vertice dell’arte e dell’architettura del Rinascimento, così armoniosamente adattata al suo ambiente fisico e al suo passato medievale che la città diventa del tutto eccezionale”. E’ evidente che la localizzazione dell’insediamento produttivo e il fatto che la ditta proponente produca anche armi leggere da guerra, contrasta fortemente con i vari riconoscimenti che la città di Urbino ha ricevuto a livello internazionale.

 

Per queste ragioni non è corretto assentire a nuovi ampliamenti dello stabilimento, ma al contrario l’amministrazione di Urbino in accordo con la provincia di Pesaro ed Urbino dovrà cercare le soluzioni atte a delocalizzare lo stabilimento in un’area industriale compatibile con le dimensioni e le attività della ditta Benelli Armi Spa.

 

Motivazione 2)

 

Dicevamo che lo stabilimento della ditta Benelli Armi è ben visibile dal centro storico di Urbino ed in particolare dal torrione in fondo a Via Saffi. Anche le foto allegate al progetto scattate dalla Collina delle Vigne testimoniano l’impatto che lo stabilimento ha sul paesaggio collinare, di grande valenza naturalistica e ambientale, che dai “piedi” di Urbino spazia fino ai profili delle montagne dell’Appennino.

Un vero pugno nell’occhio di cittadini e turisti, una profonda ferita in un paesaggio che ha ispirato decine di artisti, storici, filosofi e scrittori e che nel tempo ha saputo conservare la sua bellezza unica e irripetibile.

La coloratura di “verde scuro” della lamiera zincata che sarà utilizzata per le coperture e per le pareti laterali, e dei panelli di tamponamento del nuovo magazzino automatico non è sufficiente a ridurre l’impatto ambientale in quanto nessun intervento è previsto sulle coperture esistenti (se dovessimo calcolare come standard urbanistico di ambiente urbano i m2  di verde dipinto basterebbe tinteggiare di verde l’asfalto per avere risultati eccellenti….).

Anche il progetto di sistemazione delle aree esterne e di riqualificazione del verde, oltre ad essere poco dettagliato, anche nell’ipotesi che sia realizzato nel migliore dei modi, avrà in modesto effetto di schermatura.  

 

Inoltre è da rilevare che nelle voci di computo metrico relativo agli alberi da piantare secondo il progetto di riqualificazione del verde sono contenuti errori ricorrenti dei capitolati redatti da chi non ha esperienza di questioni agronomiche e forestali:

La dizione “Alberi a foglia caduca tipo Quercus Pedunculata, Quercus Robur (Farnia), Quercus Cerris, (Cerro) Quercus Palustris (Quercia di palude)…-omissis- … Circonferenza del fusto cm 20-25” è la voce generica di riferimento per impianti di querce a foglia caduca. Tale voce è così sintetizzata dai capitolati standard come riferimento orientativo per il progettista. Il progettista deve fare una scelta fra le piante proposte in relazione alle condizioni ecologiche e di impianto in cui gli alberi dovranno essere piantati. Lasciare una voce così generica presta il fianco alla fornitura di alberi non adatti per l’ambiente in cui dovranno essere piantati. 

La voce successiva sui cipressi non tiene conto delle patologie in atto per la specie “Cupressus sempervirens”. E’ fondamentale indicare in capitolato d’appalto la richiesta di materiale certificato resistente a Seridium cardinale e derivante da popolazioni a bassa suscettibilità di attacco di Cinara cupressi.

 

Per concludere occorre quindi che la ditta Benelli Armi Spa si faccia carico di opere ed interventi necessari a mitigare fortemente la presenza dello stabilimento.

Esperienze diffuse in Italia ed Europa vedono nei TETTI VERDI e nelle BARRIERE VEGETALI VERTICALI gli strumenti più adatti ad opere di mitigazione e compensazione ambientali con indubbi vantaggi economici anche per chi si fa carico dei costi degli interventi (vedasi allegato).

 

Fano, 29/08/2011

 

 

 

 

 

 

La Lupus in Fabula

Il Presidente

Flavio Angelini

 

Cell. 334 3115150

 

 

Allegati: n. 1

 

 

 

ESENTE DA BOLLO

ai sensi della L.266/91

Allegato 1

 

Appunti per la riqualificazione “verde” di insediamenti industriali

 

In molte aree del territorio italiano coesistono paesaggio naturale e culturali e attività industriali impattanti. Tutte le aree industriali sono fortemente impattanti nel territorio ma in particolare quelle che si inseriscono in ambienti di pregio paesaggistico. Qualora non sia  possibile rinunciare alla presenza e/o all’ampliamento delle attività industriali, volendo ridurre l’impatto visivo delle aree industriali e contemporaneamente permettere un risparmio di energia e di risorse, appare urgente proporre una riqualificazione paesaggistica ed ecocompatibile degli insediamenti industriali.

Nello specifico possono essere associati a strutture in uso o, in modo ancora più efficace, a nuove strutture in progetto,  diverse tecniche e tecnologie specifiche di intervento:

1. i tetti verdi,

2. i filtri e barriere sia in verde verticale che in piantagioni localizzate  e

3. il recupero dell’acqua piovana

 

1) TETTI VERDI

E’ ormai diffusa la tecnica di copertura di tetti verdi in un numero elevatissimo di insediamenti industriali, in particolare in Europa centro-settentrionale.  Nonostante la tecnica dei tetti verdi si presti particolarmente bene in ambiente mediterraneo, risulta ancora poco diffusa in Italia, molto spesso per carenze di tipo progettuale e per la presunzione del maggior costo da dover sostenere per la sua realizzazione.

I tetti verdi possono essere  progettati come calpestabili e non calpestabili. Nel primo caso sono frequenti le utilizzazioni del tetto verde sia per attività produttive (ad esempio il  progetto “”Green food from green roofs” del Cairo promosso dalla FAO in collaborazione con il governo egiziano, ONG locali e diversi enti universitari della capitale egiziana sta consentendo una migliore alimentazione in alcuni slum della metropoli egiziana).  In altri casi i tetti verdi “pensili” sono pensati come soluzioni di relax o socializzazione per la vita in ambienti industriali.  Nel caso di tetti non calpestabili vi è comunque un insieme di vantaggi strutturali e ambientali che il tetto verde consente di raggiungere rispetto alle coperture tradizionali.

Il progetto Green Roofs for Healthy Cities (http://greenroofs.org/) sta riscuotendo un grande successo negli Stati Uniti proprio per la forte componente di eco-sostenibilità e  di minimizzazione dell’impatto visivo che tali coperture presentano.

Vi sono diverse soluzioni tecniche, sia prefabbricate che calibrabili per il progetto specifico.

Un tipico tetto verde non calpestabile presenta un solaio e massetto (o struttura analoga) su cui si sosterrà il tetto, piano o leggermente inclinato (inclinazione massima ammissibile è nell’ordine dei 20° – 30°).  Vi è poi la cosiddetta guaina impermeabile e antiradice. Sopra la guaina si pone un feltro di protezione e accumulo e uno strato filtrante e drenante . Lo  strato ha una forma tale da permettere l’accumulo di acqua e il drenaggio verso lo scarico dell’acqua in eccesso. Sopra tale strato è possibile porre un telo speciale che permetta all’acqua di passare e venire accumulata e restituita vaporizzando da delle vaschette di accumulo ma non permettere alle radici di penetrare oltre. Il telo deve consentire un buon ancoraggio radicale in modo da rendere solidale il continuum “strato drenante-telo-substrato-pianta”.  Al di sopra viene posto il substrato.  Un substrato di 10 cm è sufficiente per l’impianto di vegetazione a taglia bassa e bassa manutenzione  in tetti non calpestabili estensivi. Per tetti calpestabili estensivi, anche con impianto di arbusti e piccoli alberi, è necessario un substrato minimo di 20 cm fino a massimi di 40-50 cm come avviene in realizzazioni particolari di verde pensile.

 

Risparmio energetico.

Un tetto con coperture in materiali inerti scuri può raggiungere in estate anche i 70°C.  E’ necessario un sistema apposito di ventilazione per ridurre il flusso termico che dal tetto entrerà nel vano sottotetto. Sarà necessaria un’opera di coibentazione, ventilazione e climatizzazione che presuppone una dissipazione energetica e di materiali piuttosto elevata.

Con un tetto verde a struttura semplice  la temperatura media che si registra, nei mesi più caldi, nei vari componenti della copertura presenta valori di 32 – 35 °C. Il flusso termico sarà quindi ridotto. L’energia dispersa per gli impianti di climatizzazione sarà fortemente ridotta o, come nel caso di magazzini dove non siano conservati materiali suscettibili di danneggiamenti a temperature comprese fra i 30 e 35%.

 

La durata della copertura.

L’infrastruttura impermeabile di un tetto verde deve subire escursioni termiche giornaliere con intervalli decisamente minori rispetto a quanto succede per coperture tradizionali. L’escursione termica che insiste sotto la copertura di un tetto normale può arrivare fino a 40-50° di differenza fra notte e giorno; in questo senso la tipologia di materiale e, in particolare, il suo colore è fondamentale. Coperture chiare, porose con materiali a bassa conducibilità termica presentano escursioni minori in relazione all’albedo, alla superficie esposta e ai differenziali temporali di flusso termico: ad esempio coperture a base di argille lateritiche si ottengono risultati di diminuzione delle escursioni anche di 25-40 minori rispetto a coperture in materiali scuri di derivazione metallica. Anche per ciò che riguarda le escursioni invernali i tetti verdi assicurano una minore escursione giornaliera soprattutto in relazione all’aumento notevole dei tempi di raffreddamento e quindi al sensibile aumento relativo delle temperature minime notturne. Un tetto verde ha infatti un’inerzia termica decisamente maggiore: i cicli termici dello strato impermeabilizzante sono meno rapidi e gli intervalli di escursione non superano mai 30°C: i materiali di guaina sono quindi meno “stressanti” per il materiale della guaina. L’impermeabilizzazione del tetto e generalmente tutta la struttura resta in opera in condizioni termiche migliori e la durata complessiva della copertura ha una durata doppia.

 

Deflusso acque piovane.

Un tetto verde assorbe l’acqua piovana ed attua un rilascio graduale della stessa. Pareti e tetti verdi aiutano a ridurre i problemi di gestione della rete fognaria in caso di forti acquazzoni.

 

Riduzione inquinamento,  impatto ambientale, visivo e confort.

Il tetto verde permette agli edifici industriali di inserirsi in modo armonioso nel contesto e contemporaneamente da numerosi vantaggi tra cui quelli termici, idrici, climatici e biologici.

Le nuove zone industriali aventi i tetti e le parete delle opere civili industriali ricoperte da verde sono meno visibili ed hanno un impatto ambientale più sostenibile. Il tetto e la parete verde riduce il flusso termico entrante nell’edificio industriale migliorando le condizioni di confort di chi è all’interno dell’edificio. Globalmente migliorano anche le condizioni all’esterno dell’edificio (se una intera zona per esempio industriale adottasse ampiamente tetti e pareti verdi la temperatura sarebbe inferiore e ci sarebbe una qualità dell’aria migliore).

Il contributo che possono fornire i tetti verdi e le piante (ad es.  piantagioni di alberi e arbusti dedicate alla predisposizione di filtri) alla riduzione se non all’annullamento di sorgenti di inquinamento di diversa natura (atmosferico, idrico, acustico, visivo) è ormai da lungo tempo riconosciuto anche se non sempre facilmente quantificabile. In una prospettiva virtuosa, vi sono molti casi in Europa di attività industriali che oltre ad aver proceduto a forme di progettazione ecosostenibile, hanno anche contribuito alla ricerca specifica sull’efficacia di tali interventi architettonici complessi sull’ambiente. Si ricorda che secondo la mappa europea dell’inquinamento atmosferico, la zona industriale di Urbino pur non ricadendo nelle aree a rischio elevato inizia a presentare valori di inquinamento che necessitano un piano di monitoraggio e una gestione diffusa e capillare.

 

Fonte : La Mappa dell’Inquinamento atmosferico in Europa: http://prtr.ec.europa.eu/DiffuseSourcesAir.aspx\

 

2) LE SISTEMAZIONI A VERDE CON FUNZIONI DI FILTRO E/O BARRIERA ANTI-INQUINAMENTO (atmosferico, idrico, acustico, percettivo)

 

Le attività industriali sono responsabili di inquinamento diretto, tramite l’immissione in atmosfera di sostanze nocive e con la produzione di materiali di scarto spesso anch’essi nocivi; le attività industriali sono spesso sorgenti dirette di rumori per buona parte della giornata con picchi considerabili pericolosi per la salute umana. Vi è poi una gamma di inquinamenti indiretti sia per quel che riguarda le attività correlate come un più intenso traffico veicolare pesante, l’impermeabilizzazione del suolo,  l’immissione di inquinanti nel ciclo dell’acqua e degli elementi e quindi, in ultima analisi, nella catena alimentare, ecc. Fonti di inquinamento spesso ignorate, soprattutto in contesti ad elevato interesse paesaggistico, come vale per la città di Urbino e il paesaggio del Montefeltro, sono gli inquinamenti percettivi. Ad aggravare ulteriormente la situazione generale vi è il fatto che le aree industriali, oltre a consumare suolo e  grandi quantità di energia per riscaldamento, climatizzazione, illuminazione, produzione e trasporto, sono spesso localizzate in aree non troppo distanti da contesti urbani già caricati di elevate concentrazioni di inquinanti.

 

Qui di seguito si riportano alcuni appunti tratti dal “Manuale per l’impianto, la gestione e la valorizzazione multifunzionale dei boschi periurbani” preparato per ARSIA – Regione Toscana nel corso del Progetto Manurabana ed in corso di stampa. Si ricorda che con tale pubblicazione verrà edito anche una database di scelta di alberi e arbusti anche in relazione a funzioni specifiche quali gli interventi di mitigazione di inquinamenti atmosferici, acustici e percettivi in aree urbane e industriali.

 

“ L’inquinamento industriale contribuisce ad “arricchire” l’ambiente di composti fortemente tossici, talvolta cancerogeni, come ad esempio le diossine, i furani, i policlorobifenili (Pcb) e i metalli pesanti come mercurio e cadmio ecc. L’Inventario nazionale delle emissioni in atmosfera prodotto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) è tutt’altro che rassicurante ed evidenzia che gran parte dell’inquinamento complessivo è riconducibile, direttamente o indirettamente, alle attività industriali.

In Italia con il D.L. 59/2005 è recepita la Direttiva europea IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) per l’ottenimento della certificazione AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). Purtroppo, come risulta da indagini a campione di Legambiente, attualmente solo una modesta parte delle nostre industrie sono in possesso di tale certificazione e mancano all’appello molti dei più importanti centri industriali del nostro Paese.

La creazione di filtri e barriere vegetali, sia in verde verticale che in piantagioni specifiche dedicate, consente di ridurre in modo sostanziale un’ampia gamma di inquinamenti, dall’inquinamento chemio-fisico atmosferico all’inquinamento acustico, dall’inquinamento visivo all’inquinamento indiretto delle acque.

Prima di riassumere alcune delle principali specifiche progettuali per piantagioni ad effetto filtro va ricordato che per costruire un efficiente sistema verde occorrono talvolta molti anni. Per ovviare parzialmente a questo inconveniente, qualsiasi sia la finalità, si possono prevedere sistemi integrati con specie a rapido accrescimento e specie definitive in modo da assolvere più rapidamente alle funzioni di filtro per poi intervenire con eliminazioni e sostituzioni per l’assetto definitivo delle barriere.

Gli effetti benefici della vegetazione sulla qualità dell’aria riguardano principalmente il loro contributo diretto nella riduzione degli inquinanti atmosferici; tuttavia le fasce verdi arboree possono avere una positiva influenza nel condizionare la temperatura degli edifici e, contribuendo ad una loro migliore efficienza energetica, influiscono indirettamente sulla quantità di inquinanti emessi in atmosfera.

Il sistema deve essere costituito principalmente da specie con elevato sviluppo in larghezza e in altezza della chioma, quindi arbustive e arboree associate: l’efficacia di una fascia nell’intercettazione è maggiore quanto più grandi sono le sue dimensioni sia in altezza sia in termini di superficie occupata. In questo senso le aree boscate risultano più utili delle fasce a filari.

La disposizione delle piante, per rendere efficace l’intercettazione, deve garantire la costituzione di una fascia continua, in cui non si verifichino interruzioni del piano di chioma; pertanto la densità dell’impianto dovrà tenere conto dello sviluppo naturale delle chiome delle specie prescelte allo stadio adulto.

È importante diversificare il sistema usando, oltre alle specie arboree, anche quelle arbustive e, talvolta, quelle erbacee. Ciò non solo crea un sistema dotato di più livelli di cattura e più gradevole dal punto di vista estetico, ma contribuisce inoltre ad una sua maggiore biodiversità che, nel lungo periodo, concorre a diminuire i rischi dovuti ad ridotta diversità.

Nella realizzazione sia di aree boscate sia di sistemi a filari è necessario, data la densità, tenere conto del temperamento delle specie prescelte nei confronti della luce al fine di non ostacolare il loro sviluppo.

Nella realizzazione di sistemi a filari deve essere attentamente valutato l’effetto di venti dominanti e della loro direzione. In caso in cui la fascia vada necessariamente posizionata perpendicolarmente alla direzione del vento, è utile prevedere una ulteriore banda costituita da vegetazione di più piccola taglia (arborea e arbustiva), di altezza progressivamente crescente secondo la direzione del vento, con funzione di accompagnamento delle masse d’aria verso le parte superiore delle fascia.

La scelta delle specie deve tenere conto, in prima analisi, della loro adattabilità all’ambiente di impianto e, solo successivamente, una volta individuato un ventaglio di specie idonee, la scelta ricade tra quelle che presentano una conformazione della chioma e una morfologia fogliare più adatta all’intercettazione e/o all’assorbimento degli inquinanti.

Le specie sempreverdi sono molto utili nella cattura degli inquinanti e in funzione anti-rumore per varie ragioni: generalmente hanno chiome dense, con conformazione e fogliame adatto (vedi punti successivi) e sono efficaci anche durante l’inverno. Va comunque ricordato che molte conifere sono sensibili alle sostanze inquinanti più comuni. Le specie da preferire, nell’ambito di quelle adatte all’ambiente di impianto, dovrebbero essere caratterizzate da un fitto sistema di ramificazione.

Per quanto riguarda la morfologia delle foglie sono da preferire quelle con superfici pelose, essudati resinosi, forma irregolare e struttura grossolana; molti studi confermano la loro maggiore efficacia rispetto alle foglie più lisce; quest’ultime oltre a costituire un più blando ostacolo vengono dilavate più facilmente. Inoltre le foglie di dimensioni più piccole sono generalmente raccoglitori più efficienti delle foglie grandi.

Se tra le specie potenzialmente adatte ve ne sia una (o più) suscettibile a patogeni che ne pregiudicano la sopravvivenza e dei quali si registra una elevata incidenza e diffusione, quando disponibile, è possibile optare per varietà resistenti (es. cipresso e cancro).”

 

3) IL RECUPERO DELL’ACQUA PIOVANA (cenni generali)

Il recupero dell’acqua piovana è una tecnologia sempre più diffusa: permette di risparmiare acqua potabile spesso utilizzata nei processi industriali, e riduce il problema dell’impermeabilizzazione dei suoli e dell’interruzione del ciclo dell’acqua, che è particolarmente sentito nei contesti urbani e industriali

Molti autorevoli e ormai noti studi avvertono che una crisi idrica è da prevedersi nei Paesi del Bacino del Mediterraneo; il forte aumento della richiesta di acque dolci potrà generare carenze di approvvigionamento, fenomeni di competizione e un aumento considerevole dei costi. Inoltre il settore industriale è, dopo quello agricolo, quello che consuma più acqua in Italia. Una gestione eco-efficiente delle acque a livello di area produttiva rappresenta uno dei punti di forza nel raggiungimento di obiettivi di sostenibilità.