No agli inceneritori, Si alle energie rinnovabili!

 

L'approvvigionamento energetico e lo smaltimento dei rifiuti sono tra i problemi più pressanti degli ultimi anni. La crescente e smisurata produzione di rifiuti degli ultimi anni, conseguenza di modelli di vita orienttati sempre più verso i consumi; e discariche ogni giorno più piene, in alcuni casi al limite della sopportazione rischiano di far saltare i sistemi di smaltimento. In tempi diversi e in differenti epoche politiche varie amministrazioni hanno provato a far passare l'idea degli inceneritori ma le popolazioni erano così contrarie che in molte regioni si è finito per vietarli con decreto almeno per un po'. Contemporaneamente un'altra emergenza sta arrivando: quella dell'energia. I black out di questa estate (non sta a noi dire se giustificabili o meno) hanno messo tutti in allerta, mostrando che una cosa data per scontata come l'elettricità potrebbe improvvisamente venire meno.
Esiste una soluzione, almeno così dicono, ad entrambi i problemi: si chiama "Termovalorizzatore di rifiuti". Il principio è semplice: si bruciano rifiuti e si produce energia. Risolto il problema di come smaltire le sempre crescenti quantità di immondizia. Risolto il pressante problema dell'approvvigionamento energetico. Fantastico? Non esattamente. I termovalorizzatori di rifiuti non sono in realtà che inceneritori. Inceneritori di ultima generazione, con tecnologie più avanzate anche nell'ambito della protezione ambientale, ma pur sempre inceneritori, con tutto ciò che questo comporta. Proviamo a confrontare un tanto temuto inceneritore con un più moderno e "innocuo" (così vogliono farci credere) termovalorizzatore. Il processo di base è lo stesso: si introducono rifiuti che vengono "bruciati" e ridotti in cenere. Quasliasi processo di combustione, anche bruciare un pezzo di legna, comporta una trasformazione della materia: la materia solida combusta si trasforma in elementi volatili (vapore acqueo, anidride carbonica ed altre sostanze dipendenti dalla composizione primaria del materiale di partenza) ed in scarti solidi, le cosiddette ceneri. Dire che il materiale di partenza è il rifiuro equivale a dire che il combustibile è qualsiasi materiale (plastico, ferroso, organico, o ancora più complesso). Le normative vigenti limitano fortemente la qualità dei rifiuti da conferire ai processi di combustione, ma le tecniche di differenziazione sono ancora così "imprecise" e poco applicate che è facile immaginarsi deroghe o eccezioni per colmare il fabbisogno di combustibile di un termovalorizzatore. In ogni caso, anche bruciando solo quanto concesso (cioè la parte secca non recuperabile dei rifiuti) le sostanze allo stato gassoso che possono essere prodotte sono molte, tra cui alcune notoriamente dannose per la salute, come ossidi di azoto, anidride solforosa, diossine e furani. L'entità e la tipologia dell'inquinamento dipende dalla composizione merceologica di quanto viene bruciato, pertanto la composizione dei gas emessi è imprevedibile, variabile e quindi difficile da abbattere. Se nella miscela di materiali combustibili vi sono anche materiali lignocellulosici o materie plastiche clorurate come il cloruro di polivinile si possono formare, oltre alle diossine, dibenzofurani clorurati, sostanze altamente tossiche.
La differenza fondamentale tra inceneritore e termovalorizzatore, in termini di produzione di inquinamento, è che il termovalorizzatore si avvale di tecniche più evolute limitando in parte (ma non eliminando) la produzione di alcune sostanze nocive e applicando tecnologie di abbattimento degli inquinanti con maggior garanzia di efficienza rispetto al passato.
Altre problematiche insorgono per costosi impianti di pirolisi a bassa temperatura , tamburi caricati di rifiuti plastici, scarti industriali e legno che provocano una scissione molecolare in forma gassosa. Questo compleso sistema genera vapore ed energia elettrica ma produce al contempo residui minerali in forma vetrificata, assai poco commerciabili e richiesti.
Dire che con le moderne tecniche di abbattimento gli inquinanti "svaniscono" e non sono più un problema non è proriamente esatto. Come insegnano le leggi della termodinamica, nulla si distrugge ma tutto si trasforma. Gli inquinanti emessi sottoforma di sostanze gassose possono essere "abbattuti" con particolari sistemi (come filtri a carboni attivi, abbattimenti ad umido o sistemi ancora più complessi). In alcuni (rari) casi l'inquinante "pericoloso" viene trasformato in qualcosa di più innocuo, ma nella maggior parte dei casi ne viene solo impedita l'emissione all'aria aperta "bloccandolo" con particolari filtri, con acqua o in fanghi. In pratica viene semplicemente spostato da un comparto ad un altro. Se questo può ben tranquillizare chi vive vicino ad un inceneritore non allevia le preoccupazioni di coloro ai quali il termine "ambiente" evoca sistemi estesi e complessi e soprattutto delicati. I filtri, le acque o i fanghi "contaminati" dovranno a loro volta essere smaltiti con le dovute cautele, trattandosi a queso punto di rifiuti classificabili come speciali e in alcuni casi come pericolosi. Il problema dello smaltimento esiste anche per le ceneri, ovvero i residui incombusti. I residui incombusti costituiscono circa il 25% del peso iniziale dei rifiuti e hanno una composizione chimica che è stata modificata nel corso della combustione. Se non vengono sottoposti a trattamenti di stabilizzazione le ceneri possono essere solubili in acqua e devono perciò essere smaltite com maggiori precauzioni dei normali rifiuti. In pratica, a fronte di una riduzione del volume dei rifuti da smaltire, ne consegue un aumento della loro complessità e pericolosità.
Il sistema di incenerimento è anche causa dell'inquinamento da mercurio. Il mercurio è una potente neurotossina che indebolisce le funzioni motorie, sensorie e cognitive. Gli inceneritori sono una fonte importnate anche di altri metalli pesanti inquinanti, come piombo, cadmio, arsenico e cromo.
I termovalorizzatori vengono spesso presentati come una soluzione innocua e rapida ai problemi dello smaltimento dei rifiuti e della produzione di energia. Abbiamo visto come le cose non siano proprio così. Anche sulla "rapidità" della soluzione ci sarebbe qualcosa da ridire: per la costruzione e la messa a regime di un inceneritore occorrono almeno 5 anni.
Anche il diritto internazionale inizia ad occuparsi di incenerimento; tre principi di diritto internazionale - precauzione, prevenzione e limitazione - contrastano con questa tecnologia.
Il principio di precauzione è presente in varie Convenzioni Internazionali ( Bamako- Stoccolma - OSPAR ) come nella Dichiarazione di Rio. Poiché l'incenerimento è a tutti gli effetti un processo incontrollato, con tuttora sottoprodotti sconosciuti, e poiché molti di questi sottoprodotti hanno effetti sulla salute umana, il principio di precauzione suggeriisce che l'incenerimento dovrebbe essere evitato.
A differenza dell'incnerimento, la discarica non perpetua il bisogno dei rifiuti. Un continuo miglioramenro del riciclaggio, design dei prodotti e abitutdini di consumo vorrebbe dire poter ridurre sempre di più. Gli inceneritori invece, devono operare a pieno regime per almeno 25-30 anni della loro vita operativa per avere un ritorno garantito dell'investimento. Una volta costruiti, diventano un impedimento strutturale ad una significativa riduzione dello smaltimento dei rifiuti. I migliori sistemi odierni di selezione meccanica e di compostaggio superano le riduzioni di massa e volume ottenibili con gli inceneritori. Contemporaneamente si elimano cosi i problemi di inquinamento associato agli inceneritori. Organizzare raccolte differenziate più capillari e compostaggi efficaci dei rifiuti organici è il passo più siginificativo che le nostre amministrazioni devono fare ai fini di raggiungere gli obiettivi del decreto Ronchi. Realizzare bene questo flusso è la chiave : per portarci ad una vera gestione sostenibile dei rifiuti.
Altre soluzioni esistono: quello che manca è la volonta di attuarle. I notevoli aumenti per la raccolta differenziata previsti un po' ovunque puntualmente hanno mancato di verificarsi e le applicazioni di tecnologie che ottimizzano i sistemi di produzione, riducendo gli scarti e aumentando il tempo di vita dei prodotti, faticano a prendere il via.
Anche quello dell'energia è un problema risolvibile, se solo ci fosse la volontà di investire seriamente su fonti di energia rinnovabile pulite come il solare e l'eolico. Non si può rispndere ai black-out proponendo solamente la realizzazione di nuove centrali convenzionali , compresi inceneritori, senza avviare prioritariamente la costruzione di un sistema energetico che valorizzi il contributo di tecnologie per la produzione di energia pulita (sole e vento) e l'uso razionale dell energia, in modo da contenere o ridurre la domanda. Non è più il momento della cautela; queste tecnologie pulite sono ormai mature e nel loro insieme possono contribuire concretamente ai fabbisogni di energia.

In collaborazione con Greenpeace - GdA Urbino

 

 

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