Parole e fatti

E' evidente lo scarso interesse che si ha in questa regione per il nostro patrimonio forestale.
Le foreste demaniali erano fino a ieri in stato di totale abbandono vista la scarsa sorveglianza e la cartellonistica che in alcuni casi risale alla gestione statale degli anni settanta.
Anziche porre rimedio gli attuali gestori, le comunità montane, hanno elaborato un piano di assestamento che ipotizza il taglio di una parte dei boschi a scopo produttivo.
In un primo incontro svoltosi nella Comunità Montana dell'alto metauro sono state spese dall'assessore parole rassicuranti.
I fatti purtroppo ci dicono altro, dato che la devastazione è già cominciata.

Le parole ci comunicano quello che si può fare o si vuol fare,
i fatti stabiliscono quello che viene realizzato.
Ogni buona intenzione non può prescindere da queste semplici considerazioni.

C'è da parte nostra la massima disponibilità a discutere, ma se nel frattempo si fa e si fanno cose non condividiamo, producendo danni non facilmente reparabili, il confronto diventa inutile perdita di tempo.

La prima cosa che osserviamo a proposito del piano di assestamento forestale è che questo dovrebbe interessare l'intero territorio delle Comunità Montane e non solo le proprietà demaniali, pertanto andrebbe considerato lo stato forestale nel suo complesso prima di stabilire tipologie di intervento.

La seconda cosa è stata già espressa in un precedente documento e riguarda il piano già approvato, la situazione forestale andrebbe analizzata da molti punti di vista e questo piano non lo fa.

La terza considerazione si riaggancia alla politica territoriale disastrosa che viene attuata in questa provincia, potremmo intrattenerci a lungo citando i molti casi che eufemisticamente definiamo vergognosi ( con buona pace dello sviluppo ecocompatibile sbandierato dall'amministrazione provinciale), ma rimaniamo nell'ambito delle Comunità Montane focalizzandoci nella questione forestale.
Il piano di assestamento prevede interventi di ceduazione (taglio raso) in aree oggi fortemente degradate
Lo stato di degrado è dovuto alla intensa azione dell'uomo perpetrata negli ultimi cinque, sei secoli:
il taglio del bosco e il pascolamento intensivo hanno contribuito al dilavamento di decine di centimetri, in alcuni casi metri, di terreno.
Dove un tempo non troppo lontano vegetavano rigogliosi boschi, oggi ci sono vaste aree calanchive.
Tagliare alberi su terreni cosi impoveriti è un'azione irresponsabile, asportare tonnellate di materiale legnoso e scoprire il terreno agli agenti atmosferici, oltre a modificare il microclima, impoverisce ulteriormente la condizione di queste foreste.
Bisognerebbe investire per riqualificare il territorio e non insistere con logiche di rapina, una volta spiegate dalla necessità di un mondo povero che dipendeva totalmente dall'agricoltura, ma che oggi non trovano nessuna giustificazione.
Considerare il bosco come un bene che in ogni caso deve essere materialmente produttivo, rappresenta una posizione ideologica che ha causato e causa notevoli danni ambientali.
Nelle aree vicine a boschi maturi, il maggior grado di umidità e la maggior protezione del suolo consentono una più rapida ripresa dei terreni degradati, quello che sta avvenedo in certe foreste demaniali, con l'abbattimento di alberi di quaranta o cinquant'anni, riporterà indietro queste zone dal punto di vista ambientale con grave danno economico, idrogelogico, estetico e biologico nel suo insieme.


Ribadiamo la nostra posizione sul piano ( che per noi rappresenta solo un parere tecnico discutibile) insistendo sul fatto che la sua parzialità non può costituire la base di riferimento per interventi gestionali di alcun tipo.
Riteniamo invece indispensabile che maturi rapidamente un atteggiamento diverso nella gestione del territorio, e soprattutto che le parole di disponibilità e di attenzione verso queste problematiche da parte dei politici, trovino poi corrispondenza nei fatti.

Il direttivo


 

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