La caccia di selezione alla volpe

La stagione venatoria finisce il 31 gennaio, ma non è vero, perché in alcune province, e ovviamente in quella di Pesaro e Urbino, si spara quasi per tutto l'anno.
La Legge Regionale n..7/95, all'art.25 punto 2, concede la possibilità di effettuare prelievi di fauna selvatica su specie che si dimostrino, per numero sproporzionato di esemplari rispetto alla sostenibilità ambientale, dannose verso l'ambiente naturale o le attività umane, a partire dall'agricoltura. Anche se la stessa legge non ne fanno cenno, questa forma di caccia avviene, per motivi molto discutibili, fuori dal normale periodo venatorio, in quanto ritenuto intervento selettivo sugli individui riproduttori e quindi prevedibile a ridosso, se non durante, la stagione riproduttiva (primavera-inizio estate).


Una volpe sui prati del monte Pietralata
Premesso che fino agli anni 70 con un principio molto simile a questo venne attuata in Italia la caccia ai nocivi, e che la stessa è stata nel tempo ripudiata e valutata come un grande errore che ha portato, tra l'altro, all'estinzione di specie come la Lontra per la quale oggi si spendono (giustamente) tantissimi soldi pubblici per la sua reintroduzione. Basti pensare che dal 1992, nella stesura dell'attuale legge sulla caccia, la 157, il termine nocivo è stato completamente eliminato.

Sotto questi auspici già da anni si interviene sul territorio provinciale contro il presunto soprannumero di volpi, considerate dannose perchè in numero eccessivo rispetto al territorio.
Eppure la volpe è uno di quegli animali selvatici in grado di autoregolamentare la propria densità adeguandola alla capacità portante di un determinato territorio: per cui più cibo, più spazio vitale, più volpi. Figurarsi che l'Inghilterra sta per abolire questo tipo di caccia….

Va considerato che non si conosce l'esistenza di studi scientifici recenti sulla densità di questa specie nel territorio provinciale, cosi come non si conosce quale sia il numero di volpi che un'area cosi vasta, cosi ricca di ambienti naturali, può realmente ospitare. Questo aspetto è fondamentale perché non bisogna dimenticare quanto importante è il ruolo della volpe nella catena alimentare e quindi nei delicati equilibri che regolano la vita nel mondo naturale.
Quindi, non sembra ci siano dati sufficienti da comprovare la necessità di un intervento selettivo che genera cosi gravi conseguenze, come quella di manomettere i meccanismi di autoregolamentazione degli animali, di consentire battute a squadre con cani in periodi di caccia chiusa, quando sono in corso le fasi riproduttive, con le incubazioni, le gestazioni e le cove che sono al punto culminante. E in questo senso non si può pensare di ovviare al problema prendendo come riferimento scadenze temporali fisse ed ufficiali: ogni specie animale ha abitudini diverse, cosi come diverso è il clima anno per anno. La battuta alla volpe, invece, è allo stesso modo un disturbo violento per ogni forma di vita.
Oltretutto per tre mesi, dall'inizio di Novembre, vaste aree naturali di questa Provincia, e tante persone che amano camminare e frequentare boschi e prati, devono subire la tensione, la confusione e il panico delle battute al cinghiale.

Due considerazioni:
. il presunto eccessivo numero di volpi andrebbe ricollegato, comunque, ad errori che si ripetono ogni anno proprio nella gestione della caccia, con la liberazione di fauna d'allevamento (fagiani, anatre, lepri) poco adatte alla vita selvatica e facili prede dei carnivori, quindi della volpe.
. come mai esistono in Provincia di Pesaro e Urbino centinaia di guardia caccia volontari che sono anche cacciatori e che non lasciano traccia di verbali (quasi non esistessero irregolarità e bracconaggio), mentre questi stessi personaggi sono presenti e numerosi nelle battute alla volpe o in ogni altra occasione che la Provincia presenta loro per poter sparare a caccia chiusa o dove la caccia è vietata?


In una interrogazione inerente questo tema e presentata nel Consiglio Provinciale di Pesaro e Urbino dal verde Claudio Mari su nostra richiesta, è stato chiesto:
.in definitiva quali sono i dati che sostengono questa pratica cosiddetta selettiva?
. quante sono le volpi in Provincia di Pesaro e Urbino?
. quante ne potrebbero vivere in modo sostenibile interagendo normalmente con gli ambienti e le prede naturali?
. concretamente, quali danni provocano le volpi?
. se si tratta della predazione degli animali introdotti a scopi venatori, non è tutto questo un paradosso?
. quali controlli ci sono oggi giorno sulle battute alla volpe? Chi sono i responsabili e chi segue l'andamento di queste operazioni?
. in che modo vengono redatte le liste dei partecipanti alle battute alla volpe e come sono scelti i luoghi dove eseguirla?
. nelle settimane scorse, in un bar di Cagli era esposto un avviso ai cacciatori locali per l'iscrizione alla battuta alla volpe e la battuta all'istrice (quest'ultima non autorizzata, secondo la Provincia), con tanto di luogo e orario di ritrovo (associazioni ambientaliste hanno denunciato l'episodio alle autorità competenti). Possibile che ci sia uno stato di illegalità tale da permettere a qualcuno di sventolare pubblicamente una azione illegale chiamando altri a prendervi parte?
C'è la sensazione e a questo punto ci sono anche i fatti che dicono come in questa Provincia la gestione venatoria è diventata un tiro al bersaglio, dove i fucili sostituiscono criteri razionali di conservazione della fauna selvatica (che è un patrimonio dello Stato, non dimentichiamolo) e di conseguenza la valorizzazione e la tutela del territorio.

Si è detto che i caprioli erano troppi e si è aperto il fuoco contro questi bellissimi animali innocui, riducendoli in modo netto e preoccupante, anche attraverso il ritorno del bracconaggio, alimentato dall'invidia (se il cacciatore di selezione gli spara….gli sparo anch'io) e dalla diminuzione della vigilanza.
La parola "troppe" pare quindi essere usata, con molta superficialità, anche sulle volpi e se non ci sono realmente dati scientifici per intervenire, tutto questo sembra solo il pretesto per concedere la possibilità di andare a caccia anche al di fuori della stagione venatoria. Ma il danno dal punto di vista ecologico è grande, cosi come il disturbo a tutte quelle persone, e sono tante, che già si lamentano e sono esasperate dalle scorribande delle battute al cinghiale.
Si inizi piuttosto a ragionare su una gestione della fauna che non debba essere sempre e soltanto sinonimo di fucili, spari e abbattimenti; quanto succede nella Provincia di Pesaro e Urbino in questo settore è un esempio di sudditanza dalla lobby venatoria famoso ormai in tutta Italia.

 

 

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