Riflessioni sul rapporto tra animali e uomo

Chi sostiene che il rapporto con gli animali sia un eloquente indice di civiltà ha tanto da riflettere su quanto avviene in questa provincia, dove la caccia, i maltrattamenti, gli abbandoni e svariati atti di crudeltà verso gli animali compongono un puzzle inquietante. E non è un termine esagerato, perchè è inquientante anche per la vita pubblica, cioè per quella degli uomini, vedere annidarsi nell'animo e nei gesti di così tante persone chiari segni di violenza, e assenza di pietà. I fatti parlano chiaro, e non dicono nulla di buono; i fatti si vedono ma c'è gente, in primo luogo le autorità politiche e di pubblica sicurezza a non voler vedere. Cuccioli di cane vivi gettati nella spazzatura a Montecchio, un gatto carbonizzato chiuso in un lampione a Pesaro, gattini appena nati chiusi vivi in un sacchetto e messi nel cassonetto a Urbino, un tasso ferito sul ciglio di una strada finito a bastonate a Cagli, un lupo morto dissanguato per una tagliola ad Apecchio, e ce ne sarebbero tante altre..... Persino i turisti che apprezzano le città d'arte, il mare e la montagna di questo lembo di centro Italia, disprezzano ed evidenziano quando possibile le penose condizioni in cui vedono spesso i cani, allibiscono di fronte all'esercito di cacciatori che invade ed entra in possesso di gran parte degli ambienti naturali, dai fiumi alle montagne. I cani, i casi più eclatanti: si, perchè qui come in pochi altri posti (per fortuna) esiste il mito del cane da lavoro, "da caccia o da tartufo, se no che cane è, a cosa serve?"
E allora giù con i digiuni forzati, con un metro e mezzo di catena o 4 metri quadrati di box; giù con qualche bastonata se serve e guai carezze, guai ricambiare i suoi gesti d'affetto perchè è bene non si affezzioni troppo, che deve lavorare, poi se non è buono viene messo via..., e se si perde non val la pena neanche di andarlo a cercare. E così i canili sono stracolmi e il 70% dei cani detenuti sono appunto da caccia o da tartufi. Inoltre non sia mai di sterilizzare le femmine, che poi magari rendono meno sul lavoro (??), d'altronde i piccoli si possono ammazzare, gettandoli in un secchio d'acqua, tanto basta chiudere il coperchio per non vedere.
I cani da compagnia possono trovare persone adorabili, che ne fanno un membro della famiglia: ce ne sono anche qui e portano a spasso i loro amici a quattro zampe e li fan stare sul divano. Ma per un cane che vive bene ce ne sono almeno 10 o più che stanno in un angolo tutta la vita e non possono che rimpiangere quando da piccoli c'era chi giocava e stava con loro. In un angolo perchè danno fastidio, abbaiano, perdono i peli, bisogna portarli fuori a fare i bisogni e poi, infondo, "il cane deve fare il cane". E' così che animali col grande cuore vedono passare la loro triste e inutile vita dietro delle sbarre, o devono camminare sui loro passi anno dopo anno fino a che il solco è profondo quanto la loro delusione. Non sono solo quei cani a perdere molto, ma anche e soprattutto quei padroni che non sapranno mai cosa significa la compagnia e l'amore di un essere vivente così intelligente e generoso. E' avvilente oltre che paradossale ammetterlo, ma alcuni cani vivrebbero meglio randagi che con certi padroni, eppure ogni anno all'inizio dell'estate sentiamo il ritornello del "non abbandonare gli animali", che intendiamoci è una campagna di grande valore, ma se il nostro interesse è veramente tutelare i nostri amici a quattro zampe, perchè non si fa nulla per migliorare le loro condizioni di vita? Basta allungare una catena, gettare via quelle orrende botti di ferro e rimediare una bella cuccia; basta, in pratica, far rispettare la legge.
I gatti hanno l'immensa fortuna di vivere liberi, perchè almeno a loro la catena è risparmiata ed un piccolo recinto non basterebbe a contenerli. Ma qualcuno ci ha già fatto il tiro al bersaglio col fucile al gattile di Urbino, qualcuno ha giocato a fare strike con l'auto in un viale di Piobbico, e lungo le strade in decine ogni giorno restano uccisi e a quei poveri corpi nessuno (neanche chi dovrebbe per lavoro) sa dare o vuol dare un minimo di dignità, così se ne vedono la maggior parte decomporsi lentamente, nell'indifferenza.
La dignità: figurarsi che animali nobili come i cavalli vennero in principio, in alcune località, individuati come un traino turistico, e per anni si è decantato l'escursionismo a cavallo sui nostri bellissimi Appennini, l'emozione di imparare a cavalcare in un maneggio, fino a scoprire che si fà molto prima, e si fanno più soldi mandando quegli stessi cavalli al mattatoio.
Forse tutto ha inizio con il retaggio culturale della caccia, pessima tradizione che ci dobbiamo ancora oggi, nel terzo millennio, veder propinare da qualche migliaio di uomini in mimetica e fucile. Un disprezzabile divertimento crudele, violento, per giunta inutile e fastidioso, fin'anche pericoloso per tutto il resto della popolazione. Un male della società contemporanea, e in provincia di Pesaro ci sono 11000 sintomi di questa malattia. Si spara a tutto e si spara sempre: i controlli praticamente non esistono e le specie cacciabili aumentano. Crinali e prati di collina e montagna sono oltraggiati da capanni e appostamenti fissi di caccia: gente che ammazza uccelli grandi quanto la cartuccia che gli sparano addosso. E' sconcertante ma c'è gente che si esalta nell'abbattere un uccello che volteggia: sarà l'invida per non saper volare, sarà l'ammissione di non avere una concezione abbastanza elevata della vita. Consideriamo la situazione dalla parte degli animali selvatici, esseri viventi che tengono alla vita quanto noi, e che in quel poco di ambiente naturale che gli abbiamo lasciato già malsopportano la nostra invadenza (funghi, tartufi, escursionismo) e le nostre attività (taglio del bosco, cave, traffico), senza calcolare le malattie (parassitosi, virus, micosi): meriterebbero nient'altro che rispetto e invece trovano la morte in uno sparo.
Come se non bastasse da anni ha preso piede la caccia grossa e ci sono centinaia di persone, probabilmente dei "super-uomini", che hanno speso bei soldi per ottenere l'autorizzazione a sparare al capriolo e al daino, gli animali più mansueti e innocui del bosco, e a qualcuno di loro hanno anche fatto credere che è una cosa giusta da fare, che è proprio per il bene di questi animali che gli si spara. E poi il cinghiale, una incredibile messa in scena orchestrata dall'alto: nata dal caos delle introduzioni scriteriate e poi indirizzata, da un lato verso la massima espansione di un bussiness impensabile, dall'altro verso la sciagurata rovina dell'agricoltura, male che evidente è stato ritenuto necessario per il conseguente proliferare di squadre, battute, mute di cani e carabine. E poi la volpe, che in questa provincia ha trovato purtroppo chi la ritiene nociva, in sovrannumero, basandosi chissà su che studi e che criteri, ma il risultato è un regalo inaspettato (e immeritato) per cacciatori privilegiati, perchè la volpe si può cacciare anche fuori dal periodo venatorio!
E il fenomeno della caccia non è slegato dal bracconaggio, tant'è vero che non si sente mai dire di un cacciatore che denuncia un altro cacciatore per qualcosa di illegale... In diverse zone dell'entroterra, una considerevole percentuale delle case e degli orti posti al limitare di zone boscate avevano negli ultimi anni o possiedono tutt'ora una qualche trappola. Soprattutto lacci, ma anche tagliole, archetti, e persino meccanismi di caricamento per fucili; i lacci sono un autentico flagello perchè facili ed economici da fare, portano ad una morte orribile, inaccettabile. Facili da fare e da posizionare se la persona che lo fà è una persona cattiva dentro e fuori, molto lontano da quel senso di pietà e di pace che oggi è assolutamente necessario rivendicare.

 

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