Tra essere vegetariani e mangiare carne... di David Fiacchini (Biologo)

Nessuno impone agli altri "l'essere vegetariano". Si tratta di una scelta assolutamente personale verso uno stile di vita sostenibile per tutti, uomo compreso. Ma, ripeto, deve e non può che essere una scelta personale, un cammino interiore che si percorre riflettendo sul proprio stile di vita e sul concetto di sostenibilità. L'uomo non è carnivoro, né onnivoro. Lo dicono le discipline come la fisiologia, la biologia, l'anatomia. Un solo cenno: la conformazione del nostro apparato digerente, a partire dalla cavità buccale e dalle strutture intestinali, è quella tipica di un frugivoro-raccoglitore (frutti, semi, bacche, radici, piccoli insetti). Tant'è vero che, i nostri parenti più vicini a noi, geneticamente ed evolutivamente, appartengono al gruppo dei primati: hai mai visto uno scimpanzé predare un vertebrato ?

La carne è entrata nell'alimentazione quotidiana dell'uomo solo nel corso della storia recente: fino alla prima guerra mondiale era grazie alla caccia di sussistenza ed all'allevamento domestico su scala familiare che si mangiava un piatto di carne la domenica. Poi oggi, con il boom del consumismo e degli hamburger targati U.S.A., ecco la carne presente ogni giorno, a pranzo e a cena. Ed ecco l'esplosione di patologie legate all'eccesso di alimenti di origine animale: ipertensione, arteriosclerosi, iscehmie, ictus, miocarditi, disturbi circolatori, colesterolo, obesità, diabete, osteoporosi, calcolosi, ecc L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato nell'alimentazione carnivora una delle cause delle "malattie del progresso". Se leggete il libro bianco sull'alimentazione redatto dai ricercatori incaricati dall'UE di fare il quadro della situazione alimentare in Europa, avrete altre indicazioni. Chi è "estremista"? Il "vegetariano" o il "carnivoro"? La risposta, ovvia, è: nessuno dei due. Sono due stili di vita, diametralmente opposti, che viaggiano in direzione esattamente contraria. L'essere vegetariano significa: 1) rispettare gli animali, che hanno tutti uguale dignità, dal pollo al capriolo. Ci sono animali di serie "A" e di serie "B" ? Per i vegetariani ed i vegani si parla di esseri senzienti, sia che si tratti di un bellissimo animale selvatico, sia che si tratti di un tacchino spelacchiato. Per chi si finge ambientalista, forse ha più "valore" un capriolo di un maiale, ma solo perché parte da un ragionamento superficiale ed ecologicamente scorretto. Ad eccezione dell'allevamento fai-da-te di qualche nonno, è forse inutile ricordare che vi sono vere e proprie situazioni-lager- legali - in cui gli animali sono allevati in modo artificiale e chimico. Una recente ricerca internazionale (tra l'altro condotta da un team di microbiologi dell'Università di Ancona), pubblicata su di una rivista medica di rilievo mondiale, ha dimostrato come l'utilizzo di alimenti di origine animale, contenenti anche antibiotici ed ormoni per la crescita, per allevare polli, maiali & co., ha portato alla selezione di batteri super-resistenti ai farmaci che ci ingeriamo con la nostra porzione di bistecca settimanale. Con buona pace delle nostre difese immunitarie !!! Queste notizie, ovviamente, non circolano. E forse mucca-pazza, pollo-alla-diossina, influenza aviaria, ecc. non hanno ancora insegnato nulla di nulla al consumatore-carnivoro italiano, che pensa di essere immune da tutto questo. Pazienza! 2) rispettare il Pianeta Terra e le sue risorse, perché gli allevamenti intensivi sono vere e proprie bombe ecologiche: prodotti chimici, spreco di acqua ed energia, erosione dei suoli, desertificazione. In Amazzonia l'88% della foresta abbattuta è stata distrutta per creare pascoli e non per usare il legname (leggere i rapporti di Greenpeace international). 3) rispettare i Paesi Poveri, che vedono le loro risorse (sia la terra che i prodotti delle coltivazioni) utilizzate per l'alimentazione degli animali da carne. L'Etiopia anche durante la sua peggiore carestia degli ultimi 50 anni, produceva semi oleosi per mangimi animali che esporta anche in Italia e che arrivano anche al consorzio agricolo e al negozio dietro casa, per i nostri polli e conigli "caserecci" (leggere i rapporti di Mani tese e gli approfondimenti tematici usciti dal 1999 al 2002 nella loro rivista). 4) rispettare la nostra salute (e le nostre finanze!), evitando di ammalarci di malattie cronico-degenerative proprie dei paesi ricchi. Margherita Hack, Umberto Veronesi, M.K. Gandhi, Isaac B. Singer, Jeremy Rifkin sono persone più "famose" di altri (in diversi campi, dalle scienze alla letteratura) che hanno sposato uno stile di vita più attento all'equità dei consumi alimentari, più rispettoso dell'ambiente, più salutare. Qualche indirizzo "di parte" per saperne di più e per una sana controinformazione: www.ivu.org/italian, www.saicosamangi.info, www.societavegetariana.org, www.bilancidigiustizia.it Qualche rivista contro-corrente: Altreconomia, Mani Tese, Gaia, Guerre e Pace, ecc. L'argomento è molto più vasto di quanto si possa immaginare. Per saperne di più bisognerebbe frequentare un corso di fisiologia comparata in qualche università o centro di ricerca. Oppure di leggere qualche testo "classico" con spunti di zoo-etologia. Nessuno salta addosso a chi mangia il cinghiale professandosi ambientalista: quale diritto avrei per farlo? Il rispetto reciproco è un valore fondamentale. Io cerco di far riflettere sul principio che sta dietro ad ogni cena a base di carne. Scegliendo quel tipo di alimento (cinghiale, capriolo, lepre, tigre, orso, gallina, ecc.) si mangia un essere vivente (in sovrannumero, in estinzione, allevato dietro caso, allevato in batteria, ecc.) la cui morte è stata, anche se indirettamente, decisa da noi, dal nostro comportamento alimentare, dal nostro modo di pensare e, in definitiva, dal nostro stile di vita. Il mangiare carne una o due volte la settimana non cambia lo stato delle cose. Si tratta di un comportamento quotidiano, di una scelta di vita. E non bisogna sottovalutare la "bistecchina" che ogni tanto finisce nel nostro piatto, leggere per credere di Marinella Correggia il Manuale pratico di ecologia quotidiana, o anche il documento del 2002 prodotto anche dalla FAO, che, tra l’altro, "super-partes" non è. Chi sostiene che l'uomo a partire dagli ultimi 3 milioni di anni circa ha potuto progressivamente accrescere la sua massa cerebrale e che quindi sia una sorta di "super-mammifero" perché ha una massa celebrale maggiore di altri vertebrati, commette l'errore banale di pensare che alle dimensioni del cervello corrisponda una presunta superiorità. Ma superiorità in cosa? In "intelligenza" o in cos’altro? E dove sta scritto che un'alimentazione iperproteica (ma cosa vuol dire, poi, iperproteica? Anche mangiare un piatto di pasta e fagioli copre abbondantemente il fabbisogno giornaliero di proteine, senza l'apporto di grassi animali e di aminoacidi non digeribili) è possibile solo con la carne? Qualsiasi studente di scienze biologiche o scienze naturali che abbia avuto a che fare con materie come anatomia comparata, citologia e istologia, zoologia I, etologia, ecc., sa benissimo che nel regno animale non c'è alcun nesso tra cervello e "intelligenza" (intesa in senso antropico), né tantomeno tra dimensioni e capacità. Chi ha letto cose del genere deve aver consultato un libro sul creazionismo. Ogni essere vivente è filogeneticamente progettato per svolgere un ruolo in un determinato biotopo. L'uomo (inteso come genere) ha una storia evolutiva che nasce sì 2,5 milioni di anni fa, ma l'unica specie tutt'oggi "rimasta" è Homo sapiens sapiens che compare solo a partire da 35.000 anni fa. La sua evoluzione è stata premiata non tanto dal "cervello", ma dalle condizioni climatiche, dalle risorse trofiche, dalle caratteristiche anatomiche e strutturali in rapporto con l'ambiente. E' bene non fermarsi, come fanno tanti, alla sola lettura di qualche pseudo-rivista scientifica che trovi in edicola e di non limitarsi alle sintesi da TV di qualche documentario che fa tutto tranne che cultura. La carne, tra l'altro, non è mai stato un alimento fondamentale "tout-court" e generalizzare è un errore storico ed un luogo comune di ancestrale memoria. Faccio un solo esempio: alcune popolazioni indigene delle aree tropicali non mangiano tutt'oggi carne, data l'abbondanza costante e continua di frutti, semi, bacche e radici (e guarda caso, nel loro DNA non si riscontrano tratti genici presenti in chi si ammala di patologie ereditarie legate al consumo di carne e pesce). Queste popolazioni non conoscono cosa sia la caccia, se non per la difesa delle proprie tribù da eventuali attacchi di animali pericolosi. Per frequentare aree con risorse trofiche minori, ovviamente, l'uomo ha dovuto integrare la dieta diventando cacciatore (facendo di necessità virtù oppure, per dirla come i latini, mors tua, vita mea) e poi agricoltore/allevatore. Ma sempre per convenienza e necessità, non perché la carne è un alimento fondamentale nella crescita dell'organismo umano. E questo ha portato allo sviluppo delle prime forme patologiche che, d'altra parte, hanno proprio una componente genetica che ci siamo ereditati anche noi europei, chi in forma più grave, chi in forma minore e silente, dai nostri antenati divenuti mangiatori di carne "per necessità". Non esiste poi alcuna correlazione tra un'alimentazione iperproteica e sviluppo congnitivo o intelligente. Con questo "criterio" i vertebrati carnivori (come Lupo, Volpe, ecc.) e gli invertebrati carnivori (come alcuni fastidi, ad esempio) dovrebbero avere un cervello ed una intelligenza infinitamente superiore alla nostra. Bisogna passare da un’ottica "antropocentrica" ad una visione "biocentrica": l'uomo è una specie animale evolutasi nel corso del tempo assieme ad altre forme di vita. L'uomo non è padrone della natura, ma ne fa parte. L'uomo non nasce con il diritto di allevare ed uccidere alcune specie animali, e proteggerne altre: né ha il potere, la facoltà, ma non ciò non significa averne il diritto. Non è con l’intelligenza che si vive, ma con il trasferimento e la ricombinazione del Dna (poco importa se, per farlo, si costruiscono grattacieli alti 100 piani o si svilupPi una società specializzata in cui alcuni individui svolgono il ruolo di operai, bottinatori o regine). La vita risponde solo a questo, tutto il resto è ben poca cosa rispetto ai meccanismi evolutivi. I nutrizionisti che citi tu sono solo una parte del mondo scientifico (tra l'altro si tratta della parte "vecchia"), perché ce ne sono altrettanti che non solo sconsigliano l'alimentazione ovo-latto-carnivora (pediatri, medici specialisti in scienze dell'alimentazione, immunologi, ecc.), ma incentivano la dieta vegana anche ai neonati, fin dopo lo svezzamento con il latte materno (ricordo, a tal proposito, che siamo l’unico mammifero che prende il latte, peraltro anche da adulto, eterospecifico, caso unico in tutto le specie della mammalofauna viventi ed estinte. Ciò ha comportato, come ben sai, lo sviluppo di intolleranze, allergie e patologie anche serie). Queste persone non sono estremiste né esagerate, hanno semplicemente applicato il buon senso alla conoscenza, dimostrando inoltre di avere più a cuore i problemi ambientali su scala locale e globale della maggior parte dei "presunti" ambientalisti o degli ambientalisti "a metà". Bisogna essere consapevoli delle proprie scelte, dall'acquisto di un paio di scarpe alla dieta alimentare. Perché dietro ad ogni scelta, ad ogni preferenza, c'è non solo il prodotto o il bene che si è scelto/acquistato/preferito, ma tutta una serie di passaggi (ambientali, culturali, sociali, ecc.) che decidono, come piccole tessere di un enorme mosaico, la vita sulla Terra. E' bene che si rifletta sul fatto che l'essere vegetariano porta con se delle conseguenze "rivoluzionarie" sul piano sociale e morale: gli animali sono esseri coscienti, in grado di soffrire quanto gli esseri umani e noi possiamo vivere senza mangiare animali (non abbiamo il diritto di ammazzarli per il banale scopo di procurarci dei piaceri voluttuari). In generale, purtroppo, si ha la convinzione che gli animali siano esseri inferiori a nostra disposizione, che la dieta vegetariana sia restrittiva (non c’è alcun sacrificio di gusto e nessuna privazione, provare per credere) ed inadeguata (è scientificamente, oltre che fisiologicamente, provato che non è così), che la nostra sia una “moda” o un “estremismo”. E’ più facile, in ultima analisi, razionalizzare i propri atti con delle argomentazioni pretestuose piuttosto che metterli in discussione accettando di ascoltare ciò che i vegetariani e i vegani hanno da dire sui temi legati agli stili di vita. Riguardo l'assimilazione di carne di cacciagione, non regge un'eventuale giustificazione del tipo "i cinghiali sono in sovrannumero, quindi se ne mangio uno è ben diverso dal mangiarsi l'ultimo esemplare della tigre siberiana". In entrambi i casi la situazione demografica attuale delle due popolazioni è derivante da colpe dirette dell’uomo ed in linea di principio sono due comportamenti da porre sullo stesso piano. Ad eccezione dei rarissimi casi di vita o di morte (per fame, per incontro-scontro), chi ci da il diritto di uccidere un altro essere vivente ? Qualcuno è sicuro che la tradizione della mattanza degli agnelli di Pasqua sia iniziata con Gesù Cristo (uno dei più grandi rivoluzionari dei nostri tempi)? Dovreste leggere a questo proposito con attenzione il libro della Genesi; avete mai sentito parlare di "encratismo", ovvero l'astensione dai cibi non vegani, nelle lettere di S. Paolo? Sempre in tema di agnelli, di seguito è incluso in questo documento un articolo apparso su di un quotidiano nazionale lo scorso aprile.

Non c'è pace per gli agnelli A chi importa se viaggiano su uno sgangherato Tir da 24 ore senza cibo né acqua? Se tre di loro sono già morti e tanti altri, feriti e allo stremo, faranno di lì a poco la stessa fine, ancor prima di vedere il coltello del macellaio? Il loro destino è già segnato. Al forno, in salmì, al ragù o alle verdure finiranno sgozzati su milioni di tavole pasquali. È accaduto pochi giorni fa sull'autostrada Bologna-Padova. Avvisate da un automobilista le guardie zoofile dell'Enpa hanno bloccato un carico di 800 agnelli provenienti dall'Est europeo e diretti in un macello di Grosseto. Tre erano già morti dalle sofferenze e molti altri feriti. La strage. Comincia la strage degli innocenti. Ogni anno, per festeggiare la Pasqua, in Italia - la nazione che ha i più grossi e importanti macelli d'Europa - vengono uccisi due milioni di agnelli. Un numero in crescente aumento nonostante le battaglie animaliste e, diciamolo una volta per tutte, al di là di ogni umana cristianità: sì, perchè la tradizione dell'agnello a Pasqua è una bufala senza alcun fondamento religioso. Gesù Cristo, raccontano i Vangeli, è stato chiaro quando ha presentato agli apostoli il pane come suo corpo da mangiare (Lc.22,19: «Questo è il mio corpo dato per voi». Gv.1,29: «Ecco l'agnello di Dio»). Dunque Gesù non ha bisogno di agnelli da sgozzare per iniziare il rito della Pasqua, semmai solo di pane e vino. I dati. Qualche numero: nei dodici mesi del 2003 in Italia sono stati macellati 6.718.550 ovicaprini, di cui 4.923.619 agnelli. Il 15 per cento del totale degli agnelli è stato ucciso a Pasqua, il 40% a Natale (fonte: Istat).

Ma nel primo semestre del 2004 le macellazioni sono già aumentate del 9% e tutto fa pensare che fra tre giorni la mattanza di agnelli supererà ogni record nero. Il menu. Per dire basta a questa tradizione di violenza, la Lav propone alternativi, ma gustosi menù vegetariani, che oltre a risparmiare migliaia di piccole vite evita i rischi legati agli animali macellati clandestinamente negli allevamenti «rurali», spesso preferiti dai consumatori nell'errata convinzione che simili sistemi di «zootecnia artigianale» garantiscano più genuinità delle carni. Il sistema dei controlli in questo settore è spesso inefficace e a farne le spese oltre ai consumatori sono proprio gli animali, sfruttati e trasformati in macchine per la produzione. Il morbo. C'è poi il dubbio che a finire in tavola siano animali importati illegalmente dall'Est europeo. In questo caso, avverte Roberto Bennati della Lav, i pericoli di trasmissione di virus all'uomo possono essere alti. «Già è difficile documentare come vengono allevati gli agnelli nell'Est europeo, dove i controlli igienico-sanitari non esistono o quasi - spiega Bennati - ma soprattutto non sappiamo cosa mangiano. Se vengono alimentati con farine animali rischiamo di trovarci nel piatto pasquale uno spezzatino di agnello alla Mucca Pazza». Paola Di Pace

Sull'evoluzione del cervello dell'uomo, molto lo si deve ad una serie di mutazioni genetiche favorevoli avvenute in tempi rapidissimi. A conferma di questo assunto vi è l'articolo qui sotto, tratto da una traduzione italiana dell’edizione di Science del 12.01.2005. La rapida evoluzione dell'uomo I geni associati allo sviluppo del cervello si sono evoluti più in fretta che in altri animali. I geni che regolano lo sviluppo e le funzioni del cervello si sono evoluti negli esseri umani molto più rapidamente che nei primati non umani e in altri mammiferi, grazie a processi di selezione naturale caratteristici della linea evolutiva umana. Lo ha rivelato uno studio pubblicato sul numero del 29 dicembre 2004 della rivista "Cell" (http://www.cell.com/). "Gli esseri umani - spiega Bruce Lahn dell'Università di Chicago (http://www.uchicago.edu/), principale autore della ricerca - hanno ottenuto le loro capacità cognitive non grazie a poche mutazioni accidentali, ma mediante un enorme numero di mutazioni acquisite attraverso una selezione eccezionalmente intensa che ha favorito capacità cognitive più complesse. Spesso tendiamo a pensare che la nostra specie sia categoricamente differente dalle altre: forse qualche giustificazione c'è". Dal punto di vista genetico, alcuni scienziati considerano l'evoluzione umana come un riepilogo del tipico processo di evoluzione molecolare. Per esempio, l'evoluzione di un cervello più grande sarebbe dovuta agli stessi processi che in altre specie hanno portato all'evoluzione di corna più grandi o zanne più lunghe. "Abbiamo mostrato che c'è una grande differenza - spiega invece Lahn. - L'evoluzione umana è, in effetti, un processo privilegiato perché coinvolge un gran numero di mutazioni in un alto numero di geni. Per ottenere così tanto in così poco tempo evolutivo, poche decine di milioni di anni, è necessario un processo selettivo che forse è categoricamente differente dai processi tipici dell'acquisizione di nuovi tratti biologici". In poche parole, gli esseri umani moderni sarebbero il risultato di una linea evolutiva "privilegiata": per quanto riguarda i geni associati al cervello, la quantità di mutazioni nella linea che ha portato all'uomo è molto superiore a quella nelle altre specie esaminate dai ricercatori (macachi, scimpanzé, topi e ratti).

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