In risposta a quanto apparso nell’ultimo numero di QUIFLAMINIA (periodico distribuito nei comuni di Acqualagna, Cagli, Cantiano, Apecchio e Piobbico), questa associazione desidera intervenire e ampliare l’interessantissimo dibattito sul tema della valorizzazione degli ambienti naturali nell’area del Catria, Nerone e Petrano.
Sul concetto di valorizzazione vanno fatti profondi ragionamenti se quel che ne esce sono i concerti notturni in cima ai monti. Quando si dice di voler investire sulla montagna non si penserà mica all’illuminazione sul Monte Petrano? o a costruire ancora case su quell’altopiano?
Facciamo un po’ d’ordine: di parole come turismo e sostenibilità è facile riempirsi la bocca, ma spesso chi lo fa non sa neanche quello che dice. Tant’è che poi gli viene accostato il termine ambiguo, a volte inquietante, di “sfruttamento”, che lascia poco spazio ai dubbi…
Facciamo il punto della situazione e analizziamo le prospettive in funzione dell’auspicabile investimento sulla montagna: serve un patrimonio di natura e storia, e quello per fortuna c’è eccome; servono strumenti di gestione unitaria, moderna e condivisa, e questi latitano in un turbinio di interessi localistici e lobbistici, di trovate ignobili e colpevole ignoranza.
Il primo investimento da fare sulla montagna è politico: gli amministratori, in questa fase, devono informarsi, studiare, ragionare e fare scelte
responsabili di strategia e programmazione innescando un processo di crescita culturale nella popolazione. La bellissima vetrina del Giro
d’Italia è uno spot che non dura a lungo, perché già adesso il Catria, il Nerone e il Petrano sono quasi del tutto tornati il quel triste anonimato in
cui le mappe dell’Italia li condannano. E questo è il primo grande limite per il turismo: manca l’identità, manca la visibilità costante e autenticata. Feste della Montagna e improbabili luna-park non hanno nessun effetto sul marketing, ma ne hanno certamente di negativi su quello stesso
patrimonio di bellezze ambientali, paesaggistiche e culturali sulle quali si deve costruire.
Il turismo vero, quello che può far girare l’economia, rigetta feste paesane trasferite, non si sa bene perché, sui prati della montagna. Centinaia di macchine, schiamazzi, rifiuti: chi puo’ essere attratto da eventi di questo tipo se non la famigliola del posto che così, una volta all’anno, sale sul monte (in macchina)? Intendiamoci: una festa non è un problema e se si calpesta qualche fiore nessuno si strappa le vesti. Il punto è fare un salto di qualità e farlo alla svelta perché il ritardo con altre realtà che hanno sviluppato turismo ed una economia che gira attorno alla montagna è davvero notevole. Tra iniziative estemporanee che non lascian traccia e finanziamenti pubblici fatti sfuggire, le lusinghiere prospettive di continuare a vivere in questi bei posti non trovano risposte nei grandi temi dell’occupazione e della qualità della
vita. Piobbichesi e frontonesi che per lavorare fanno i pendolari, cantianesi e apecchiesi che vanno a vivere sulla costa: il turismo e assieme
ad esso l’agricoltura e l’allevamento possono realmente costituire il riscatto di questo entroterra che l’isolamento, semmai qualcuno lo ritiene
tale, può trasformarlo da problema a opportunità.

Bisogna crederci e agire di conseguenza, con il coraggio di dire no alle velleità dei cavatori, alle utopie delle nuove grandi strade, alle bugie dei palazzinari, agli egoismi dei cacciatori. Perché il materiale su cui lavorare c’è: vette, boschi, praterie, animali, torrenti, castelli, borghi, chiese, eremi. Bisogna semplicemente staccarsi dalla mediocrità dei progetti e dal qualunquismo delle scelte: i primi segnali li devono dare coloro che sono stati investiti della responsabilità di amministrare il territorio. Sindaci e assessori devono coordinare le attività del presente e investire sul futuro: sarebbe da irresponsabili e da politicanti risibili continuare a privarsi del coraggio e difendere gli interessi dei soliti noti. Se qualcuno ha ancora presente cosa sia l’interesse della collettività non ci sarebbero i problemi che ci sono oggi a parlare di Parco e quindi di sviluppo armonioso e sostenibile, dove non è escluso possano esserci anche feste sui monti, pale eoliche (con criterio), seggiovie (purchè si chiudano le strade) e aree esclusive per i cacciatori locali: ma ogni cosa deve rispondere alle finalità di un progetto serio, con le garanzie che il marchio di un’area protetta è in grado di offrire, all’interno di una programmazione che mette al centro tutela e conservazione, primo atto concreto di valorizzazione.

Andrea Pellegrini
Lupus in Fabula